Quando si parla di ricchezza il pensiero corre generalmente al benessere, al conto in banca, le case al mare, le auto sportive, le barche. Tutte quelle cose che sono espressione visibile della ricchezza personale.
Sembra un idea oggettiva, quantificabile, e di certo possiamo dare un valore economico a questi beni. La ricchezza tuttavia mi sembra più propriamente una percezione, un'idea soggettiva dell'individuo. Ricchezza è avere tutto ciò che una persona desidera e anche di più: l'unità di misura non dovrebbe pertanto essere quella dei beni in sè, ma quella dei nostri desideri. La ricchezza si può esprimere come il rapporto tra le due cose e, di conseguenza, minori i nostri desideri, maggiore il nostro senso di ricchezza e pienezza.
Raramente ci soffermiamo a riflettere di quanto poco abbiamo bisogno per vivere: qualcosa da mangiare, un abito per coprirsi e un riparo per dormire; tutto il resto è di più. Per la maggior parte di noi queste necessità sono talmente elementari che non le viviamo nemmeno come un problema: anche i nostri poveri sono ben più ricchi rispetto ai veri poveri del mondo. L'Occidente non ha il problema di come sopravvivere, ha il problema di come vivere. E questo problema terribile non sa davvero come risolverlo. L'unica risposta che si è dato è quella di aumentare i propri bisogni: mangiando meglio e di più, vestendo meglio e di più, comprando più case, tappezzando le strade e i media di pubblicità e inviti a qualsiasi tipo di nuovo desiderio. E' stata questa trappola del benessere a creare la povertà, ma peggio ancora a togliere ogni forma di dignità alla povertà. La povertà non è più accettabile - ma non la povertà nei bisogni fondamentali, cosa remota, quanto la povertà nei bisogni superflui: ristorante, discoteca, vacanze, auto, abiti firmati.
Il vero povero è umile, è dinamico, è vitale: il neo-povero o post-povero è aggressivo, prepotente, spregiudicato. La demonizzazione della povertà, come antitesi speculare del benessere moderno, è un'altra conseguenza negativa di un mondo che ha perso la sua Tradizione.
giovedì 4 giugno 2009
lunedì 1 giugno 2009
Famiglia
Molte cose cambiano nel costume e nelle abitudini di un popolo, modificando talvolta radicalmente la vita quotidiana, i desideri, i comportamenti delle persone. Spesso osserviamo questi cambiamenti come curiosità, mode, segni dei tempi: stili di abbigliamento, passatempi, giornali, film. Tutti hanno la loro epoca, tutti cambiano, tutti evolvono. Le evoluzioni sono complesse, e non procedono necessariamente su piani separati: i cambiamenti di abbigliamento influenzano i giornali, i film, le pubblicità, i gusti. I film possono lanciare nuove mode, eventi sportivi, modelli comportamentali. Nel mezzo delle evoluzioni di tutto ciò che circonda l'uomo, anche l'uomo viene influenzato quantomeno psichicamente. Ed è in questa prospettiva che radicalmente è cambiato il modo di intendere la famiglia, e vivere il rapporto tra le generazioni.
Il nostro costume ama solo ciò che è giovane, sgargiante, pieno di vita, assoluto - nel senso che è sciolto da ogni cosa che non sia se stesso, il proprio destino di appagamento totale. Di conseguenza il rigetto per ciò che è più anziano, ciò che è responsabile, ciò che detiene l'autorità.
Il primo campo di battaglia di queste idee è la famiglia, in cui la separazione naturale tra le diverse generazioni assume le dimensioni di una frattura violenta, precoce, che scatta appena il giovane prende coscienza di una sua naturale aspirazione alla libertà.
A ciò contribuisce anche una generazione di genitori che ha vissuto l'epoca della contestazione, e con il loro esempio hanno instillato nei figli l'idea positiva della ribellione - come forma di emancipazione, ricerca di nuovi traguardi, raggiungimento di nuove libertà, superamento delle ingiustizie tipicamente insite nell'autorità e in chi la esercita. I figli degli anni '70 si trovano adesso dall'altra parte della barricata e nello sconcerto di non saper gestire dei figli ancora più sbalestrati di loro, con spinte centrifughe ancora maggiori. I genitori hanno dimostrato ai figli che la vita va goduta, a costo di separarsi se la convivenza è difficile. Che uno o due figli vanno bene, ma di più c'è da morire. Che i figli sono difficili e sono un peso, e se uno non ce la fa li abortisce. Che separarsi e risposarsi anche più volte non è strano, fa parte di un processo di crescita personale e di tentativi che ognuno fa per conoscere se stesso - anzi i figli potranno godere di famiglie allargate, di esperienze nuove. Stupisce molto che i figli non abbiano rispetto per i genitori?
Come suona arcano il comandamento di onorare il padre e la madre. Sono un padre e una madre che non vogliono essere onorati, anzi che disonorano se stessi. Sono figli a cui non viene nemmeno in mente di onorare padre e madre, se non per qualche convenienza.
Ma cos'è la vita, cos'è la società se proprio nella famiglia non riesce ad esserci armonia? E come non vedere come i comportamenti e gli errori dei padri si trasmettono veramente ai figli, perché nulla è più importante dell'esempio che viene loro offerto?
Mi piace la descrizione completa del quarto comandamento, così come nell'Esodo e nel Deuteronomio: "Onora tuo padre e tua madre, come il Signore Dio tuo ti ha comandato, perché la tua vita sia lunga e tu sii felice nel paese che il Signore tuo Dio ti dá". Onorare i genitori non è un precetto fine a se stesso, ma è la condizione di una vita serena, lunga e felice. Una vita regolata dall'armonia. E' proprio il canone dell'armonia che manca al nostro tempo, che invece ama le dissonanze dei suoni, le disarmonie letterarie, i contrasti dei colori.
Il nostro costume ama solo ciò che è giovane, sgargiante, pieno di vita, assoluto - nel senso che è sciolto da ogni cosa che non sia se stesso, il proprio destino di appagamento totale. Di conseguenza il rigetto per ciò che è più anziano, ciò che è responsabile, ciò che detiene l'autorità.
Il primo campo di battaglia di queste idee è la famiglia, in cui la separazione naturale tra le diverse generazioni assume le dimensioni di una frattura violenta, precoce, che scatta appena il giovane prende coscienza di una sua naturale aspirazione alla libertà.
A ciò contribuisce anche una generazione di genitori che ha vissuto l'epoca della contestazione, e con il loro esempio hanno instillato nei figli l'idea positiva della ribellione - come forma di emancipazione, ricerca di nuovi traguardi, raggiungimento di nuove libertà, superamento delle ingiustizie tipicamente insite nell'autorità e in chi la esercita. I figli degli anni '70 si trovano adesso dall'altra parte della barricata e nello sconcerto di non saper gestire dei figli ancora più sbalestrati di loro, con spinte centrifughe ancora maggiori. I genitori hanno dimostrato ai figli che la vita va goduta, a costo di separarsi se la convivenza è difficile. Che uno o due figli vanno bene, ma di più c'è da morire. Che i figli sono difficili e sono un peso, e se uno non ce la fa li abortisce. Che separarsi e risposarsi anche più volte non è strano, fa parte di un processo di crescita personale e di tentativi che ognuno fa per conoscere se stesso - anzi i figli potranno godere di famiglie allargate, di esperienze nuove. Stupisce molto che i figli non abbiano rispetto per i genitori?
Come suona arcano il comandamento di onorare il padre e la madre. Sono un padre e una madre che non vogliono essere onorati, anzi che disonorano se stessi. Sono figli a cui non viene nemmeno in mente di onorare padre e madre, se non per qualche convenienza.
Ma cos'è la vita, cos'è la società se proprio nella famiglia non riesce ad esserci armonia? E come non vedere come i comportamenti e gli errori dei padri si trasmettono veramente ai figli, perché nulla è più importante dell'esempio che viene loro offerto?
Mi piace la descrizione completa del quarto comandamento, così come nell'Esodo e nel Deuteronomio: "Onora tuo padre e tua madre, come il Signore Dio tuo ti ha comandato, perché la tua vita sia lunga e tu sii felice nel paese che il Signore tuo Dio ti dá". Onorare i genitori non è un precetto fine a se stesso, ma è la condizione di una vita serena, lunga e felice. Una vita regolata dall'armonia. E' proprio il canone dell'armonia che manca al nostro tempo, che invece ama le dissonanze dei suoni, le disarmonie letterarie, i contrasti dei colori.
venerdì 29 maggio 2009
Stile di vita

Un brano interessante dal Libro della Sapienza, che molto riflette la mentalità dei tempi.
Dicono i malvagi fra loro sragionando:
"La nostra vita è breve e triste;
non c`è rimedio, quando l`uomo muore,
e non si conosce nessuno che liberi dagli inferi.
Siamo nati per caso
e dopo saremo come se non fossimo stati.
E` un fumo il soffio delle nostre narici,
il pensiero è una scintilla
nel palpito del nostro cuore.
Una volta spentasi questa, il corpo diventerà cenere
e lo spirito si dissiperà come aria leggera.
Il nostro nome sarà dimenticato con il tempo
e nessuno si ricorderà delle nostre opere.
La nostra vita passerà come le tracce di una nube,
si disperderà come nebbia
scacciata dai raggi del sole
e disciolta dal calore.
La nostra esistenza è il passare di un`ombra
e non c`è ritorno alla nostra morte,
poiché il sigillo è posto e nessuno torna indietro.
Su, godiamoci i beni presenti,
facciamo uso delle creature con ardore giovanile!
Inebriamoci di vino squisito e di profumi,
non lasciamoci sfuggire il fiore della primavera,
coroniamoci di boccioli di rose prima che avvizziscano;
nessuno di noi manchi alla nostra intemperanza.
Lasciamo dovunque i segni della nostra gioia
perché questo ci spetta, questa è la nostra parte.
Spadroneggiamo sul giusto povero,
non risparmiamo le vedove,
nessun riguardo per la canizie ricca d`anni del vecchio.
La nostra forza sia regola della giustizia,
perché la debolezza risulta inutile […]
La pensano così, ma si sbagliano;
la loro malizia li ha accecati.
Non conoscono i segreti di Dio;
non sperano salario per la santità
né credono alla ricompensa delle anime pure.
Sì, Dio ha creato l`uomo per l`immortalità;
lo fece a immagine della propria natura.
Ma la morte è entrata nel mondo per invidia del diavolo;
e ne fanno esperienza coloro che gli appartengono.
Le anime dei giusti, invece, sono nelle mani di Dio,
nessun tormento le toccherà.
Agli occhi degli stolti parve che morissero;
la loro fine fu ritenuta una sciagura,
la loro partenza da noi una rovina,
ma essi sono nella pace.
Anche se agli occhi degli uomini subiscono castighi,
la loro speranza è piena di immortalità.
Per una breve pena riceveranno grandi benefici,
perché Dio li ha provati
e li ha trovati degni di sé:
li ha saggiati come oro nel crogiuolo
e li ha graditi come un olocausto."
mercoledì 27 maggio 2009
Supergioia
Noemi deriva dall'ebraico no'am che significa "gioia". Casualità nella scelta del nome o approfondita conoscenza etimologica? Noemi Letizia si legge quindi "gioia + letizia", una specie di gioia al quadrato, una supergioia. Sicuramente chi porta questo nome appare in molte foto radiosamente gioiosa, di una gioia contagiosa che ha colpito stampa, famiglia e presidente del Consiglio, da molti ritenuto parte integrante della stessa famiglia.
La stampa dovrebbe farle un monumento - anzi glielo sta già facendo, in grande stile, con una campagna mediatica che non vede l'eguale nemmeno sotto elezioni politiche - per aver disseminato questi sorrisi giganti in tutta Italia. E' diventata l'oggetto di cui tutti devono per forza parlare, ognuno per le sue ragioni: chi per screditare il premier, chi per difendere il premier, chi perché disgustato dal cabaret della politica - e del costume - italiano. Chi perché la trova carina, chi perché la trova bruttina; chi perché vuole giudicarla una svergognata in carriera, chi perché vuole restare deliziato da eventuali talenti che prima o poi le verranno attribuiti. Non è più una persona, ormai - e chi l'ha mai vista dal vivo? potrebbe anche non esistere - ma è uno specchio in cui tutti si guardano e ci vedono quello che vogliono.
Dispiace solo che l'utilità pubblica di questo specchio sia pari a zero. Dispiace che questa bionda chioma sia un inutile fuoco fatuo sventolato davanti alle facce degli italiani, senza alcun messaggio, senza alcun significato, mero oggetto di confusione, mero strumento autoreferenziale di una stampa perversa.
La stampa dovrebbe farle un monumento - anzi glielo sta già facendo, in grande stile, con una campagna mediatica che non vede l'eguale nemmeno sotto elezioni politiche - per aver disseminato questi sorrisi giganti in tutta Italia. E' diventata l'oggetto di cui tutti devono per forza parlare, ognuno per le sue ragioni: chi per screditare il premier, chi per difendere il premier, chi perché disgustato dal cabaret della politica - e del costume - italiano. Chi perché la trova carina, chi perché la trova bruttina; chi perché vuole giudicarla una svergognata in carriera, chi perché vuole restare deliziato da eventuali talenti che prima o poi le verranno attribuiti. Non è più una persona, ormai - e chi l'ha mai vista dal vivo? potrebbe anche non esistere - ma è uno specchio in cui tutti si guardano e ci vedono quello che vogliono.
Dispiace solo che l'utilità pubblica di questo specchio sia pari a zero. Dispiace che questa bionda chioma sia un inutile fuoco fatuo sventolato davanti alle facce degli italiani, senza alcun messaggio, senza alcun significato, mero oggetto di confusione, mero strumento autoreferenziale di una stampa perversa.
venerdì 22 maggio 2009
Indovinello costitutivo
Ancora sulle curiosità delle varie costituzioni, con indovinello finale. Ipotizziamo ci sia un Paese (A) che al suo primo articolo costitutivo affermi: "il Paese (A) è una repubblica indivisibile, laica, democratica e sociale. Essa assicura l'eguaglianza dinanzi alla legge a tutti i cittadini senza distinzione di origine, di razza o di religione. Essa rispetta tutte le convinzioni. La legge promuove l'uguaglianza di accesso delle donne e degli uomini ai mandati elettorali e alle funzioni elettive, nonché alle responsabilità professionali e sociali." E' una costituzione che si regge, nell'ordine, su certi fondamenti: 1) l'indivisibilità, 2) la laicità - il gruppo cioè desidera costituirsi in assenza di qualsiasi orientamento religioso, 3) attribuzione di poteri decisionali al popolo, 4) spirito sociale.
Tutte cose perfettamente razionali nell'ambito di un ordinamento occidentale moderno. Mi colpiscono però tre cose: 1) il fatto che sia più importante professare la laicità del Paese (ergo "a-teismo" della vita pubblica, intendendo che qualsiasi rapporto tra cittadini viene regolato senza Dio), prima di affermarne la struttura democratica (anzi il laicismo viene ulteriormente rinforzato sostenendo che la repubblica rispetta "tutte le convinzioni", sottolineandone il carattere a-morale); 2) il fatto che un cardine costitutivo sia rappresentato da un'idea "sociale"; 3) la preoccupazione rispettosa di mettere le donne davanti agli uomini nell'affermazione della loro uguaglianza. Si tratta di una costituzione imbottita di laicismo, relativismo e perbenismo.
Leggiamo adesso la costituzione del Paese (B), che si apre così: "Consapevole della propria responsabilità davanti a Dio e agli uomini, animato dalla volontà di servire la pace nel mondo in qualità di membro di eguale diritti di un'Europa unita, il popolo del Paese (B) ha adottato questa costituzione." Il primo articolo della costituzione protegge l'uomo; ma non la vita dell'uomo, l'indisponibilità del corpo, la ricerca della felicità: tutela bensì la dignità della persona, che è intangibile e va rispettata e protetta. Seguono i diritti alla libertà e solo terza è l'uguaglianza davanti alla legge. Si tratta di un paese che tiene così tanto alla dignità dei cittadini da lasciar pensare che ce ne sia un particolare bisogno, maggiore che di libertà o uguaglianza.
In entrambi i casi, le costituzioni sono prodotti del tempo e della storia del paese. Indovinello, chi saranno mai i paesi (A) e (B)?
Tutte cose perfettamente razionali nell'ambito di un ordinamento occidentale moderno. Mi colpiscono però tre cose: 1) il fatto che sia più importante professare la laicità del Paese (ergo "a-teismo" della vita pubblica, intendendo che qualsiasi rapporto tra cittadini viene regolato senza Dio), prima di affermarne la struttura democratica (anzi il laicismo viene ulteriormente rinforzato sostenendo che la repubblica rispetta "tutte le convinzioni", sottolineandone il carattere a-morale); 2) il fatto che un cardine costitutivo sia rappresentato da un'idea "sociale"; 3) la preoccupazione rispettosa di mettere le donne davanti agli uomini nell'affermazione della loro uguaglianza. Si tratta di una costituzione imbottita di laicismo, relativismo e perbenismo.
Leggiamo adesso la costituzione del Paese (B), che si apre così: "Consapevole della propria responsabilità davanti a Dio e agli uomini, animato dalla volontà di servire la pace nel mondo in qualità di membro di eguale diritti di un'Europa unita, il popolo del Paese (B) ha adottato questa costituzione." Il primo articolo della costituzione protegge l'uomo; ma non la vita dell'uomo, l'indisponibilità del corpo, la ricerca della felicità: tutela bensì la dignità della persona, che è intangibile e va rispettata e protetta. Seguono i diritti alla libertà e solo terza è l'uguaglianza davanti alla legge. Si tratta di un paese che tiene così tanto alla dignità dei cittadini da lasciar pensare che ce ne sia un particolare bisogno, maggiore che di libertà o uguaglianza.
In entrambi i casi, le costituzioni sono prodotti del tempo e della storia del paese. Indovinello, chi saranno mai i paesi (A) e (B)?
mercoledì 20 maggio 2009
Ai confini dell'universo

Discorso di San Paolo ai cittadini di Atene sulla natura di Dio:
"Cittadini ateniesi, vedo che in tutto siete molto timorati degli dei. Passando infatti e osservando i monumenti del vostro culto, ho trovato anche un’ara con l’iscrizione: Al Dio ignoto. Quello che voi adorate senza conoscere, io ve lo annunzio.
Il Dio che ha fatto il mondo e tutto ciò che contiene, che è signore del cielo e della terra, non dimora in templi costruiti dalle mani dell’uomo né dalle mani dell’uomo si lascia servire come se avesse bisogno di qualche cosa, essendo lui che dà a tutti la vita e il respiro e ogni cosa. Egli creò da uno solo tutte le nazioni degli uomini, perché abitassero su tutta la faccia della terra.
Per essi ha stabilito l’ordine dei tempi e i confini del loro spazio, perché cercassero Dio, se mai arrivino a trovarlo andando come a tentoni, benché non sia lontano da ciascuno di noi. In lui infatti viviamo, ci muoviamo ed esistiamo, come anche alcuni dei vostri poeti hanno detto: ‘‘Poiché di lui stirpe noi siamo’’.
Essendo noi dunque stirpe di Dio, non dobbiamo pensare che la divinità sia simile all’oro, all’argento e alla pietra, che porti l’impronta dell’arte e dell’immaginazione umana. Dopo esser passato sopra ai tempi dell’ignoranza, ora Dio ordina a tutti gli uomini di tutti i luoghi di ravvedersi, poiché egli ha stabilito un giorno nel quale dovrà giudicare la terra con giustizia per mezzo di un uomo che egli ha designato, dandone a tutti prova sicura col risuscitarlo dai morti”.
Mi colpisce soprattutto il riferimento all'"ordine del tempo e ai confini dello spazio", che rappresentano le dimensioni in cui si muove l'uomo - temporali e geografiche, molto concrete. Nel mistero del tempo - un presente che diventa passato e si manifesta nel futuro - ma soprattutto nell'infinità dello spazio, che l'uomo osserva ed esplora in cerca di risposte. L'uomo che desidera conoscere e indagare le profondità della scienza per risolvere il mistero di Dio, e che spinge le sue navi nel cuore dell'universo in una ricerca "come a tentoni" di un Dio che invece è vicino, è dappertutto - tanto che in lui viviamo, ci muoviamo ed esistiamo, ne siamo parte e contenuto.
martedì 19 maggio 2009
Europa

Le elezioni europee si avvicinano ma rimangono qualcosa di lontano. Non mi sembra che gli italiani - come molti altri europei - sentano l'Europa vicina, o avvertano come particolarmente importante l'elezione di qualche rappresentante a Bruxelles. Questo è senz'altro legato al fatto che gli Stati nazionali continuano a mantenere grande forza e autonomia, in particolare nella politica estera e nella difesa. L'Unione Europa al momento è tale puramente sotto la sfera economica, nonostante fortissime differenze e anomalie tra i paesi membri. Assai più forti sono le differenze culturali e sociali, altro fattore che "allontana" l'Europa dai singoli europei. A chi interessa il presidente dell'Unione Europea? Non esiste alcun paragone con il clamore, l'interesse e l'importanza che accompagna l'elezione del presidente degli Stati Uniti, nonostante l'immensa portata economica, demografica e storica portata avanti dalla comunità degli Stati europei.
E' tuttavia interessante fare un breve confronto di certe peculiarità statali, specialmente in ambito demografico o storico/culturale (come i "motti" nazionali, che l'Italia prudentemente non ha). Il motto francese e' il celebre "liberté, egalité, fraternité", ricopiato praticamente al contrario dalla Germania, che professa "unità, giustizia e libertà". Il motto greco è "libertà o morte", mentre il più passivo motto svedese è "per la Svezia, nel tempo". Il Belgio ha adottato il celebre adagio "l'unione fa la forza", mentre più interessante il motto olandese, "io manterrò", e ancora di più quello lussemburghese, "vogliamo rimanere ciò che siamo".
Il motto lussemburghese sembra tuttavia un difficile proposito, e qui passiamo all'analisi demografica. Non stupisce che i paesi europei con la più forte componente di immigrazione abbiano il più alto tasso di fertilità: in testa la Francia (1,94 figli per famiglia), Regno Unito (1,78), Svezia (1,77), Olanda (1,71) e appunto Lussemburgo (1,70). Ad eccezione dell'Irlanda, stato più giovane dell'Europa (25% della popolazione sotto i 18 anni), gli altri principali paesi (Italia, Germania, Austria, Spagna, Portogallo, Grecia) hanno un tasso di fertilità appiattito a 1,3 figli per famiglia, ed una percentuale di minorenni tra 16% e 19%.
A parte i dati di reddito pro capite, il modo più immediato per valutare il progresso di un paese membro e' osservare quante famiglie hanno accesso a internet: 83% in Olanda, 79% in Svezia, 72% nel Regno Unito, 71% in Germania, 69% in Lussemburgo, 60% Austria, 49% in Francia, 45% in Spagna, 43% in Italia, 40% Portogallo, 25% Grecia. Tutti questi dati provengono dal sito web del parlamento europeo.
L'Europa rimane un insieme estremamente eterogeneo di popoli, culture, classi sociali, ancora prima che di lingue e tradizioni, e questa è per molti versi una ricchezza da salvaguardare. Sarebbe preoccupante un'idea di "europeizzazione" dei vari popoli pianificata a tavolino da alcuni rappresentanti a Bruxelles, che voglia definire un "modello" di individuo europeo da realizzarsi col tempo sotto pressioni e indirizzi legislativi.
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