giovedì 10 novembre 2011

Sapienza, 7-21


Tutto ciò che è nascosto e ciò che è palese io lo so,
poiché mi ha istruito la sapienza,
artefice di tutte le cose.
In essa c'è uno spirito intelligente, santo,
unico, molteplice, sottile,
mobile, penetrante, senza macchia,
terso, inoffensivo, amante del bene, acuto,
libero, benefico, amico dell'uomo,
stabile, sicuro, senz'affanni,
onnipotente, onniveggente
e che pervade tutti gli spiriti
intelligenti, puri, sottilissimi.
La sapienza è il più agile di tutti i moti;
per la sua purezza si diffonde e penetra in ogni cosa.
È un'emanazione della potenza di Dio,
un effluvio genuino della gloria dell'Onnipotente,
per questo nulla di contaminato in essa s'infiltra.
È un riflesso della luce perenne,
uno specchio senza macchia dell'attività di Dio
e un'immagine della sua bontà.
Sebbene unica, essa può tutto;
pur rimanendo in se stessa, tutto rinnova
e attraverso le età entrando nelle anime sante,
forma amici di Dio e profeti.
Nulla infatti Dio ama se non chi vive con la sapienza.
Essa in realtà è più bella del sole
e supera ogni costellazione di astri;
paragonata alla luce, risulta superiore;
a questa, infatti, succede la notte,
ma contro la sapienza la malvagità non può prevalere.
Essa si estende da un confine all'altro con forza,
governa con bontà eccellente ogni cosa.

lunedì 7 novembre 2011

Vittime

Una delle peggiori piaghe che azzoppano l’Italia e l’Occidente si chiama “sindrome da vittima”, o più incorrettamente vittimismo. Il vittimismo non è una sindrome, una malattia, ma una scelta consapevole: si decide razionalmente di essere vittime, deboli, indifesi, minoranze, nell’aspettativa di ricevere aiuto, protezione, sussidi, senza necessariamente meritarli, ma traendo vantaggio dal principio cristiano diffusamente presente nelle democrazie occidentali che i deboli vadano sempre aiutati. Questo vittimismo razionale e opportunista è tuttavia degenerato nell’Occidente fino ad assumere l’aspetto di una malattia, una sindrome: e cioè ci scopriamo tutti vittime, sempre, quasi ingenuamente, e cioè senza compiere una razionale scelta vittimistica, ma perché siamo così abituati alla dicotomia ricchi / poveri, sfruttatori / sfruttati, potenti / deboli – diverse categorizzazioni, ma che alla fine sempre coincidono – che ci collochiamo naturalmente nella veste della parte debole, sfruttata, impotente, e strilliamo al delitto come bambini capricciosi aspettandoci che qualche miracolosa mano paterna ci aiuti. Cosa che ovviamente non succede mai, confermandoci nell’idea che i potenti rimangono ricchi e sfruttatori, e si disinteressano di noi poveri, onesti, giusti – peraltro gratificandoci più o meno inconsciamente della nostra superiorità morale di poveracci assetati di giustizia.
Questa debolezza, piagnisteria dell’Italia e dell’Occidente, è inaccettabile: sempre pronti a scendere in piazza, a scioperare, a gridare ai quattro venti, a scrivere articoli di fuoco, ma mai a fare qualcosa di concreto, mai a prendere le cose nelle proprie mani, mai a cercare di rompere il paradigma ricchi / poveri, potenti / deboli. Vuoi essere potente, vuoi essere tu a fare le scelte giuste che nessuno fa? Diventa potente, ma non aspettarti che il potere ti venga affidato dall’alto, ti venga investito come un re investiva vassalli e cavalieri: fai tu qualcosa, datti da fare, costruisci il tuo potere ed afferralo con le tue capacità. Se non ne sei capace, non lamentarti e non piangere, ma condanna solamente te stesso! Se hai dei diritti che ritieni calpestati, combatti per farli valere, non lanciare inutili accuse e sterili contestazioni. Accetta e chiedi l’aiuto degli altri, ma agisci per conto tuo, come se l’aiuto degli altri non ci fosse, e tutto quello che riceverai sarà in più.
E’ facile assumere che il mondo sia sempre guidato e manovrato da vecchie caste di ricchi e potenti, e in parte è così, ma la bellezza del nostro mondo è la possibilità di affrancarsi da simili schemi in base al merito individuale. L’esperienza dimostra che molti ricchi sono anche pigri, lenti e viziati, e tendono inesorabilmente a trascinare nel baratro la propria fortuna, mentre molti poveri hanno l’entusiasmo e la perseveranza per raggiungere grandi risultati. Coraggio, leadership, duro lavoro: da queste cose si distinguono le persone di valore, che generalmente ricevono grosse batoste dalla vita e dal lavoro, ma non per questo si siedono e piangono, anzi ne traggono motivo per rimboccarsi ulteriormente le maniche e andare all’attacco del problema. E forse la vera felicità nella vita si trova nel viaggio, nel remare e navigare nelle avversità andando sempre più avanti, piuttosto che stare fermi e seduti a lamentarci.