domenica 7 febbraio 2010

Avatar


Avatar è un capolavoro straordinario. Non è solo un film gradevole e di grande effetto, ma un film che parla dell’uomo. Di più, è il film in cui l’Occidente guarda se stesso e si trova disgustato.
Avatar segna la rottura e il superamento di tutto il cinema che l’ha preceduto. Avatar è la speranza di un mondo nuovo, pulito, innocente, di energie semplici e dirompenti. È la riscoperta di una fede nella vita, ma soprattutto la constatazione che l’uomo questa fede l’ha perduta. Come non sentire il calore di una società unita, connessa, allineata. Con quale naturalezza siamo trascinati dalla parte degli indigeni di Pandora, e tradiamo anche noi la nostra razza? Con quale spaesamento ci rendiamo conto che anche noi vogliamo restare a Pandora, e non tornare nel nostro mondo morente? Come è possibile che tutto il nostro mondo abbia perso la sua naturalezza, per finire interamente sotto il microscopio e la validazione legalese dell’essere umano? Come abbiamo potuto permettere che la spontaneità e la libertà dei comportamenti fossero vagliati e codificati, sminuzzati, per essere consentiti solo all’interno di definizioni misurate? Soprattutto, come abbiamo potuto perdere il rispetto per la vita in tutte le sue forme, quella degli altri esseri umani e quella di piante e animali?