martedì 1 novembre 2011

Tolleranza zero

In molti si affannano di questi tempi a ricercare le malattie dello spirito e della società: mi ci metto anch'io, e una delle più subdole e pervasive che scopro è la tolleranza. Essa è millantata come virtù, come dovere e sforzo civico, come medicina necessaria per la società multiculturale. Qualcuno si è però soffermato a riflettere sul senso e le implicazioni della tolleranza?
Tolleranza significa riconoscere qualcosa che non condividiamo, con cui non andiamo d’accordo, e tuttavia non fare nulla per cambiarlo. Vuol dire fermare consapevolmente l’azione che il nostro cuore o la nostra mente ci avrebbero altrimenti imposto di fare. Tolleranza non ha niente a che vedere con il rispetto, che è il riconoscimento della sacralità della vita umana e la tutela della sua dignità. Tu puoi rispettare le persone, ma non necessariamente condividere o “tollerare” le loro azioni od opinioni. Esiste il dialogo, il dibattito, il confronto onesto e aperto su posizioni differenti: un processo che porta al chiarimento e forse alla verità. Un processo che è ostacolato o annullato dalla pretesa tolleranza, che è appunto “negativa”, perché nega l’azione e la discussione. Non abbiamo forse scelto di vivere in democrazia per esercitare diritti di opinione e di associazione? La tolleranza è nei fatti anti-democratica.
Tolleranza non è nemmeno sinonimo di sopportazione. "Sopportare" vuol dire compiere uno sforzo personale che è però finalizzato ad un obiettivo positivo: si sopportano le critiche, si sopportano i disagi, si sopportano le difficoltà - e in questo processo si migliora se stessi, si progredisce nel lavoro e nella vita, si raggiungono risultati. Tolleranza vuol dire compiere uno sforzo che non ha una finalità, o meglio con l'unica finalità che nulla accada o cambi.
Tolleranza che è intrinsecamente portatrice di un senso di superiorità: è il superiore che può (e “dovrebbe”, secondo le visioni correnti) tollerare l’inferiore, se possibile evitandolo e ignorandolo. Noi tolleriamo i piccioni, le formiche, che ci sono inferiori e ci danno fastidio. I genitori tollerano le marachelle e la vivacità del bambino. In base a tale principio di pretesa superiorità, le maggioranze sociali dovrebbero tollerare le turbolenze delle minoranze, in una sorta di “non ti curar di lor, ma guarda e passa” moderno, che ben poco ha di utilità sociale, se non proteggere l’indifferenza e l’isolamento civico. Nell’esempio precedente i genitori, tuttavia, si sforzano di correggere il comportamento del bambino, ed egli viene punito per le sue marachelle (o almeno così si spererebbe) – non viene lasciato libero di compierne altre.
Come non vedere uno straordinario conflitto d'interesse? La tolleranza dei cittadini è soprattutto la scusa per l’inazione dei politici. I politici vogliono dei cittadini tolleranti, così che i primi non debbano sforzarsi a far rispettare l'ordine e le leggi, a gestire i conflitti sociali; e se un cittadino invoca queste cose, i politici liquidano il tutto come intolleranza.
La tolleranza è anche comoda e codarda: impedendoci di prendere posizione, ci consente di non esporci in prima persona. E’ facile girare la faccia dall’altra parte quando succede qualcosa che non ci piace, e fare finta di niente. Pensa a comportamenti antisociali (scritte sui muri, maleducazione giovanile), offese al senso religioso nel cinema e nell’arte, e soprattutto la convivenza con persone extra-comuntarie che spesso involontariamente offendono la sensibilità locale proprio perché non conoscono la nostra civiltà e le nostre usanze (e che nessuno mai insegnerà loro, se seguiamo la legge della tolleranza). Più difficile è far valere i propri diritti, correggere comportamenti negativi altrui, mettersi in gioco e combattere per qualcosa in cui si crede. Per questo Chesterton dice saggiamente che la tolleranza è la virtù di un uomo senza convinzioni.
Il contrario di tolleranza, intesa come "sforzo per non fare qualcosa", non è intolleranza - parola che ha raggiunto connotazioni di significato iperboliche e sproporzionate. Il contrario di tolleranza è "reazione", sforzo per cambiare. Tradotto in termini squisitamente democratici, pura e semplice discussione.