sabato 25 aprile 2009

Note primaverili

Quale forza, quale bellezza nella fragilità dell’uomo... Siamo così piccoli, infinitesimali, e nonostante tutto cerchiamo e crediamo di poter controllare la nostra vita. Viviamo, sopravviviamo, ogni giorno sopportiamo mille difficoltà, ma andiamo avanti perché non possiamo fare diversamente. Come non provare gioia e tristezza per la condizione dell’uomo? Un uomo che è così incline a dimenticare. Dimentica le sue fatiche passate, le sue sofferenze, le sue battaglie, e spensieratamente commette ogni volta gli stessi errori. Un uomo che non si chiede da dove viene e dove va, non trova il suo senso nel giardino del mondo, perde il contatto con le generazioni del passato, vive la sua vita giorno per giorno sentendosi fortunato se ha qualcosa per tirare avanti.
In un mondo che dà occasioni di grande allegria, che quando c’è sembra non finire mai, e grandi dolori, che sul momento appaioni insuperabili; ma tutto alimenta quel grande calderone che è il passato, che non esiste più, mentre rimane sempre qualcosa da fare, da vivere, di cui preoccuparsi.
Come non vedere che non c’è l’io e l’altro, che il nostro corpo non finisce all’estremità della nostra mano, ma è un continuo nel Tutto, in questo mondo in cui siamo immersi e da cui non possiamo uscire. Un mondo in cui infatti non c’è dentro né fuori, perché c’è solo il Tutto, e noi di questo siamo parte, tutto nel Tutto. Non vedere che nel volo di una rondine è racchiuso tutto il mistero della vita, i segni del tempo e la storia della terra, alla luce di un sole che nasce e muore ogni giorno.

giovedì 23 aprile 2009

Democrazia italiana

E' del secolo scorso il concetto che la democrazia sia il capolinea come sistema di organizzazione politica per eccellenza, e in quanto tale vada promosso ed esportato nel mondo. Per quanto si possa anche essere d'accordo con le premesse, esportare sistemi organizzativi di questo tipo è pressoché impossibile.
E' la storia di un popolo a determinarne naturalmente la forma organizzativa, attraverso un processo di piccoli progressivi miglioramenti, di spinte positive e negative, che promuovono e sfidano il raggiungimento di un equilibrio sempre più stabile. Tale equilibrio rifletterà anche lo spirito e la natura dei suoi cittadini, i cui cambiamenti richiedono lunghe generazioni per manifestarsi in modo sostanziale.
La democrazia non è un sistema organizzativo naturale. Non è la prima soluzione che nasca spontanea all'interno di un gruppo, anzi, ha richiesto millenni per manifestarsi. Per quanto si possano creare in varie forme, specialmente dall'esterno, le condizioni strutturali perché si costituisca una democrazia - tramite la costruzione ad hoc di un apparato normativo, di leggi democratiche e di un potere esecutivo che gestisca il nuovo ordine sociale - non per questo i cittadini saranno pronti per la vita democratica.
L'Italia non è nata come una democrazia, e non si è guadagnata la democrazia. La democrazia è stata costruita dagli alleati sulle rovine di una dittatura, una dittatura che gli italiani da soli non sono riusciti a cambiare - ma che anzi sarebbe verosimilmente continuata, qualora non fosse implosa nei disordini mondiali dell'epoca.
Condizione indispensabile per il funzionamento della democrazia è prima di tutto il desiderio dei cittadini di farne parte, di costituirsi insieme in una comunità equa e organizzata. Se il sentimento civico non è profondamente scolpito nei cuori degli individui, ma ognuno è per sè, non potrà mai realizzarsi - se non molto lentamente e con una buona dose di fortuna - una società realmente democratica. Per quanto in Italia le strutture democratiche siano ormai consolidate, tra lo spirito delle leggi e la volontà/il comportamento dei cittadini ci sta ancora un mare. Ne abbiamo di strada da fare prima di raggiungere il traguardo.

martedì 21 aprile 2009

Un tema delicato

Un po' mi sorprende quanto sia inflazionata la parola razzismo, come sia diventata versatile. Si e' trasformata in un insulto - Razzista! - usato in politica per decretare una condanna senza appello dell'avversario. Ha assunto così tante sfaccettature, angolazioni, che non può nemmeno essere soggetta a discussione e sfugge ad ogni tentativo di discorso o dialogo. Quando lo spettro del razzismo viene evocato, non esiste più ragione o possibilità di un confronto civile e politico: solo un senso di vergogna e un desiderio di penitenza che dovrebbe pervadere chi è oggetto dell'accusa.
Nel paradosso del progressismo laico, del politicamente corretto come religione, dello snobismo intellettuale lontano dalla concretezza delle cose, l'accusa di razzismo è diventata l'arma prediletta per screditare la parte avversa in qualunque situazione. E' sinonimo di intollerante, ignorante, stupido, criminale, violento, nemico dell'uguaglianza. Ha assunto così tanti significati da aver perso quasi senso, certamente il senso originario della parola.
Il razzismo nasce come "teoria della differenza delle razze" o razzismo biologico, in base al quale il sangue/DNA costituisce naturalmente una discriminazione tra gli individui (intesa come separazione, diversità). Cosa che potrà forse essere anche vera, visto che nessuno ha il medesimo patrimonio cromosomico di un altro individuo, ma che difficilmente può essere intesa come "superiorità genetica" di un popolo rispetto ad un altro, così come è stata interpretata nella storia, con le sue barbare conseguenze; e, con questo scandalo, il significato della parola razzismo si è trasformato nel generico senso dispregiativo di discriminazione.
Si usa la parola razzismo per identificare discriminazioni di tipo religioso, culturale, sessuale; quasi mai per discriminazioni razziali. E' così sciocca e stupida l'idea di discriminazione razziale che non ci crede nessuno. Ma il peso morale che la parola si trascina dietro ne fa un'arma eccezionale di attacco politico, a prescindere che abbia veramente senso usarla o meno.
Non bisogna essere parte di un elite intellettuale per condannare quello che costoro intendono come razzismo. Qualunque idea che teorizzi, giustifichi o promuova la violenza anche su di un solo individuo, è certamente malefica e va condannata. Non per questo bisogna rifiutare di toccare i temi più caldi del mondo in cui viviamo, un mondo che mette in confronto e spesso in conflitto diversi paesi, culture e religioni. Un mondo in cui gli uomini sono sostanzialmente diversi. Sono diversi fin dalla nascita, per ceto, salute fisica, statura, lingua, colore, religione, cultura. Crescendo diventano ancora più diversi, affinando idee e personalità anche diametralmente opposte. La diversità degli uomini è una fortuna, una salvezza, un'occasione. Dire che gli uomini sono tutti uguali, oltre ad essere completamente falso, sminuisce soltanto l'unicità e il valore del singolo individuo.
La diversità fa paura, ma paradossalmente fa paura a quelli che predicano l'uguaglianza a tutti i costi. Per questo chiunque si azzardi a entrare nel campo della diversità tra gli uomini, si addentra nel campo minato del loro razzismo.