martedì 8 gennaio 2013

Put Me In Charge

Facendo un’eccezione alla regola, riporto sul blog un commento anonimo fatto a quanto pare da una ragazza di 21 anni sul Waco Tribune Herald, il 18 Novembre 2011. È un articolo provocatorio, ma che dà spunti di riflessione interessanti su come uscire dalla crisi. È applicato alla realtà americana, ma si potrebbe trasferire quasi perfettamente anche a quella italiana. L’ho trovato sul blog ZeroHedge, che a sua volta l’ha riportato.

Put Me In Charge
Put me in charge of food stamps. I’d get rid of Lone Star cards; no cash for Ding Dongs or Ho Ho’s, just money for 50-pound bags of rice and beans, blocks of cheese and all the powdered milk you can haul away. If you want steak and frozen pizza, then get a job.
Put me in charge of Medicaid. The first thing I’d do is to get women Norplant birth control implants or tubal ligations. Then, we’ll test recipients for drugs, alcohol, and nicotine. If you want to reproduce or use drugs, alcohol, or smoke, then get a job.
Put me in charge of government housing. Ever live in a military barracks? You will maintain our property in a clean and good state of repair. Your home” will be subject to inspections anytime and possessions will be inventoried. If you want a plasma TV or Xbox 360, then get a job and your own place.
In addition, you will either present a check stub from a job each week or you will report to a “government” job. It may be cleaning the roadways of trash, painting and repairing public housing, whatever we find for you. We will sell your 22 inch rims and low profile tires and your blasting stereo and speakers and put that money toward the “common good..”
Before you write that I’ve violated someone’s rights, realize that all of the above is voluntary. If you want our money, accept our rules. Before you say that this would be “demeaning” and ruin their “self esteem,” consider that it wasn’t that long ago that taking someone else’s money for doing absolutely nothing was demeaning and lowered self esteem.
If we are expected to pay for other people’s mistakes we should at least attempt to make them learn from their bad choices. The current system rewards them for continuing to make bad choices.
AND While you are on Gov’t subsistence, you no longer can VOTE! Yes, that is correct. For you to vote would be a conflict of interest. You will voluntarily remove yourself from voting while you are receiving a Gov’t welfare check. If you want to vote, then get a job.

Educazione e intelligenza

Ho letto con interesse un articolo sul blog del Prof. Satoshi Kanazawa, a proposito di educazione e intelligenza, tratto dal suo nuovo libro “The Intelligence Paradox”. La tesi è che educazione e intelligenza sono connesse, ma non nel modo in cui vorremmo comunemente credere.
In politica si pone un’enfasi quasi miracolistica sul fatto che l’educazione sia cosa fondamentale e che vada garantita nel modo più ampio e pervasivo. Questo vale per lo più per le sinistre occidentali, che vedono nell’educazione il modo migliore per trasformare poveri in ricchi, grazie al nutrimento emancipante della cultura; e condannano quelle destre che invece vogliono privatizzare l’educazione, creando una dicotomia tra scuole di eccellenza per ricchi e scuole pubbliche disastrate per i poveri. Il concetto, oltre ad essere offensivo nei confronti degli insegnanti delle scuole pubbliche, andrebbe rivisto nell’ottica della gestione delle scuole statali. Se il sistema non funziona, in parte sarà a causa della scarsità di fondi (cosa che limita supporti fisici/multimediali o attività extra curricolari e sportive) ma per lo più è dovuto all’amministrazione delle scuole pubbliche: processi di formazione e selezione degli insegnanti, abbattimento degli sprechi, implementazione di una disciplina rigorosa, capacità di licenziare e assumere docenti in modo autonomo piuttosto che tramite classifiche, burocrazia. Di fatto, incapacità di attrarre e selezionare gli insegnanti migliori.
La realtà quasi mai portata alla luce è che l’educazione, così come le idee e tutto ciò che pertiene la mente, può essere offerta, ma non può mai essere imposta. Ci possono essere i migliori docenti, le risorse più avanzate, corsi ad hoc e insegnate privato, ma se uno non vuole o non riesce ad accogliere l’offerta formativa, essa è inutile a prescindere da quanto essa possa valere.
Uno che ha afferrato rapidamente questo concetto, avendolo vissuto in prima persona, è il Prof. Thomas Sowell di Stanford. Uomo di colore e di poverissima famiglia, è uno dei geni del nostro tempo ed è arrivato ad essere professore studiando praticamente da solo e andando poi avanti per merito. È lui a dire che “molto spesso l’educazione è un costoso isolamento dalla realtà”. In modo simile, si è espresso contro l’adozione in politica o nell’amministrazione pubblica di “quote” di minoranza (rosa, nere, arcobaleno ecc…), per il fatto che una persona dovrebbe essere selezionata solamente in base al merito, non a pretese necessità sovrastrutturali. Cosa in sè assolutamente logica, anche se tendiamo sempre più a ignorarla.
Tornando al Prof. Kanazawa, la tesi che argomenta è che l’intelligenza ha una base genetica, ed è molto difficile se non impossibile aumentarla. Le persone non si stupiscono che genitori biondi tendano a procreare figli biondi. In base a che logica si dovrebbe trattare l’intelligenza in modo diverso? Non è l’educazione che aumenta l’intelligenza, ma è l’esatto contrario: persone intelligenti vorranno imparare di più. L’educazione non è una medicina che puoi costringere qualcuno a ingoiare, rendendolo più brillante. La famiglia ha certamente un impatto sull’intelligenza dei figli durante l’infanzia, ma lo studio di Kanazawa ne limita drasticamente l’impatto (cosiddetto “ambientale”). L’intelligenza di una persona a 11 anni è sostanzialmente identica a quella della stessa persona a 80 anni, a prescindere da quanti migliaia di euro vengano spesi in educazione al liceo e all’università.
Accolgo con piacere la tesi di Kanazawa, riscontrando che il miraggio dell’intelligenza è un altro strumento di buonismo nel cassetto policamente corretto dei nostri politici, assetati di voti e di nuovi modi per adulare la platea.

Reality check

Riflettendo sulla situazione economica del nostro Paese e di tanti altri paesi occidentali, mi è venuta voglia di fare un’analisi di coscienza su dove si sta avviando il nostro sistema, e paragonarlo a ciò che era il passato e che forse sarà il futuro. Mi spiego.
Siamo parte di un sistema completamente afflitto dal debito, e strozzato da tasse che impediscono i consumi e soffocano la crescita. Siamo parte inoltre di un sistema che garantisce legalmente diritti quali lavoro, sanità, educazione, assistenze varie. A nessuno importa che lo Stato abbia o meno le risorse per garantire questi diritti; l’importante è che essi ci siano, e sono dati talmente per assodati che è impensabile che essi vengano meno in futuro.
La realtà è che per la maggior parte dei secoli passati tali diritti non sono mai esistiti, e in molti paesi in via di sviluppo essi sono miraggi in cui pochi sperano. Essi sono il giusto premio per un buon governo che bene amministra le risorse di un popolo operoso. Non sono cosa dovuta in un paese male gestito in cui gli stessi cittadini troppe volte vedono il lavoro come una sventura, o cercano di approfittarsi del sistema.
La brutta sveglia che aspetta l’Occidente è questa: prima o poi ci accorgeremo che le pensioni non si potranno più pagare; che la sanità crea un buco incolmabile; che il lavoro deve essere completamente liberalizzato per consentire flessibilità anche nelle mansioni più umili; che ognuno si dovrà arrangiare come potrà, dovrà lavorare per tutta la vita, dovrà dipendere molto più dai propri parenti (genitori, figli, cugini). La povertà e la delinquenza aumenteranno. La famiglia riacquisterà un ruolo fondamentale nel senso di aiutarsi a vicenda tra fratelli e tra diverse generazioni, e non solo in senso economico. Ci si accorgerà che possiamo e dobbiamo fare a meno di tante cose che abbiamo. Ci aspettano anni di vacche magre, cosa che vediamo sorprendentemente riflessa sempre più anche nelle evoluzioni alimentari (ricerca di cibi magri, moderazione nella quantità di cibo, coscienza dell’impatto di ciò che si mangia e beve sulla salute di lungo termine). Tutto ci sta dicendo che dobbiamo tornare ad una vita morigerata, sia in campo economico che in campo sociale e morale.
Sarà dura, specie per i più poveri. I recenti anni di benessere hanno nascosto che la dura vita è la realtà o quantomeno la costante del mondo, mentre il benessere è l’eccezione. Sarà una doccia terribilmente fredda, e una realizzazione pesante per molti, specialmente perché siamo stati istupiditi da decenni di propaganda intellettuale a sostegno del progresso perenne.
C’è una nebbia di buonismo fuori dalla realtà che coccola l’uomo moderno, la stessa nebbia che ci vuole tutti nella bambagia, ci adula tutti come bravi e buoni, ci dice che la sappiamo lunga e ci meritiamo ogni cosa, e che ci fa sentire dei falliti se non riusciamo a possedere tutto ciò che “ci spetta”. È una nebbia sottile e venefica, da cui possiamo liberarci solo con grandi sacrifici.