sabato 1 giugno 2019

Parabole di vita italiana

C'era un quartiere molto affollato, e un signore doveva fare la spesa. Non trovando un posto per parcheggiare la macchina, decise di lasciarla in mezzo alla strada, tanto era solo per cinque minuti. Passa di lì una signora, anche lei non riesce a parcheggiare e deve fare una rapida commissione. Vede che l'altra macchina in mezzo alla strada non ha preso una multa, e decide di fare la stessa cosa. Dopo un'ora, ci sono almeno venti macchine ferme in mezzo alla strada, e il traffico è completamente fermo. Arriva un vigile, che decide di dare qualche multa, ma gli autisti tornano fuori dai negozi in fretta per scusarsi e dire che se ne vanno via subito. Presto il traffico riparte, tutti sono contenti, nessuno ha preso una multa. Fino al giorno dopo, quando la stessa cosa si ripete, ma stavolta ci sono almeno quaranta macchine ferme in entrambe le direzioni. Il vigile ormai sa che si trattta di gente di passaggio, e che prima o poi il traffico ripartirà. Nel frattempo quelli che devono urgentemente attraversare la zona sono completamente bloccati nel traffico, e il fumo dei tubi di scappamento rende l'aria irrespirabile. Il tutto continua a peggiorare giorno per giorno.

In una grande città, capoluogo di provincia, c'è una zona residenziale molto bella e ricca, una zona centrale per la classe media, e un quartiere popolare molto povero. Un uomo sulla quarantina, con moglie e una figlia piccola, vive nella zona popolare e non ha praticamente più niente da mangiare per sè e la famiglia. Il lavoro lo ha perso da un po' e sta facendo fatica a trovare dell'altro. Pensò tra sè "non andrò nel quartiere dei ricchi, loro hanno allarmi e guardie giurate. Andrò in centro dove ci sono i negozi della classe media, e ruberò un po' di pane e un pò di frutta per mangiare". Così fece, prendendo queste cose di nascosto da un piccolo supermercato, e tornando poi a casa.
Il suo vicino, che stava male quanto lui, vide che stavano mangiando e gli chiese se avesse trovato lavoro. Con onestà, l'uomo rispose: "No, non ho un lavoro, ma avevo così fame che ho rubato poche cose al supermercato. Non se ne sono accorti, per fortuna, e stasera mangiamo qualcosa".
Il vicino pensò a quanto aveva sentito dire, e decise di fare anche lui la stessa cosa. Quella stessa notte andò al piccolo supermercato, che non era sorvegliato, tagliò il lucchetto della porta sul retro, entrò e portò via cibo e bevande per una settimana. Già che c'era, portò via anche un pò di prodotti per la casa e varie bottiglie di alcolici che pensava di rivendere per farci qualche soldo.
Il giorno dopo, il vicino del vicino si accorse che questi aveva riempito la casa di roba, e gli chiese come avesse fatto. "L'uomo che vive qua in parte a me aveva fame, e ha rubato un pò di cibo al supermercato. Non se ne sono accorti. Anch'io ho fame, sono andato ieri notte e sono riuscito a portare via tanta roba. Sicuramente il supermercato avrà un'assicurazione che li rimborserà di tutto in ogni caso, quindi non ci perderanno niente".
Questo vicino del vicino soppesò la storia e decise di andare anche lui nella zona della classe media, per prendere qualcosa da mangiare o magari da vendere. Era il periodo delle vacanze delle scuole, e molte famiglie della classe media erano fuori città per qualche giorno. "Entrerò in un paio di case e porterò via un po' di roba" pensò. Quella sera, entrò in una casa dall'aspetto modesto, ma ben curato. Le luci erano tutte spente. Entrò dalla finestra e si trovò in cucina. Prese delle cose da mangiare dal frigorifero, dopodiché andò verso la camera da letto per vedere se c'era qualche gioiello. Improvvisamente partì un allarme, e si accesero delle luci - il proprietario e la sua famiglia erano in casa. Sorpreso, il ladrone sfortunato cercò di scappare portandosi via un po' di refurtiva, ma inciampò e cadde stortandosi il piede. La polizia arrivò presto sul posto e lo arrestò. L'uomo si mise a piagnucolare: "Ecco, vi rendo la refurtiva - era solo un po' di cibo e qualche pezzo d'argento. Ho rubato perché sono povero e ho fame" pianse, mentre lo mettevano in cella per la notte. Il prefetto, che abitava nella zona bella e ricca, si consultò col sindaco, anch'egli che viveva nello sfarzo, ed ebbero compassione di questo povero ladro sfortunato che non aveva fatto male a nessuno, ma voleva solo mangiare qualcosa. Entrambi sentivano su di sè il senso di colpa di quelli che stanno bene e non hanno problemi troppo gravi nella vita. Lasciarono libero il ladro scusandosi per la sua situazione di povertà, e gli diedero anche un lavoro. Era un lavoro pagato dal comune, che altre persone di buona volontà volevano prendere, ma che fu loro sottratto per darlo al ladro sfortunato.
Quando tornò a casa, egli raccontò a tutti la sua storia: "Sono stato nel quartiere centrale, dove la gente sta bene, e ho cercato di rubare. Mi hanno preso, e invece di condannarmi, mi hanno lasciato libero e mi hanno anche dato un lavoro. Ora non avrò più bisogno di rubare, sono a posto" disse.
Quasi tutti gli uomini del quartiere lo lodarono e decisero di fare lo stesso. Trenta di essi si misero a scassinare e rubare nelle case del centro la sera stessa. Molti riuscirono a farla franca, altri furono beccati dalla polizia. "Siamo poveri, abbiamo fame" dissero, anche se in realtà molti di loro non stavano male - avevano un piccolo lavoro, ma volevano più soldi, più cibo, più vestiti, case più belle. In realtà, questi non erano veramente poveri, ma solo opportunisti. I veri poveri del quartiere popolare non avevano neanche la forza di uscire di casa, tanto meno di guidare macchine e riempirle di refurtiva.
Il prefetto e il sindaco decisero di ammonirli e di lasciarli tutti andare. Questi tornarono a casa ridendo, e decisero di ripartire con i furti la notte successiva.
Nel frattempo, la gente della classe media stava cominciando a preoccuparsi molto. Le loro case venivano prese di mira e derubate, le loro donne venivano borseggiate nelle strade, le loro macchine scassinate e portate via. Il sindaco e il prefetto erano molto sorpresi, perché nulla di tutto ciò avveniva nel loro quartiere benestante, e si dissero che queste preoccupazioni della classe media erano esagerate. Invitarono tutti alla calma, al perdono, all'affetto e all'aiuto reciproco. Quelli della classe media tornarono a casa con l'amaro i bocca, ma non si ribellarono. La notte stessa, tuttavia, un'ondata di altre rapine attraversò il quartiere del centro. Alcune persone che erano in casa quando i ladri arrivarono furono anche percosse e lasciate mezze morte. La polizia non venne nemmeno a guardare, tanto sapeva che il sindaco e il prefetto non avrebbero autorizzato l'uso della forza per prevenire i crimini. Alcuni della classe media decisero di vendere a sconto le proprie case per andarsene in altre città. Altri decisero di fare ronde notturne, e furono etichettati come violenti estremisti. Quando colsero dei ladri in flagrante, la polizia arrestò loro invece dei ladri, perché non erano autorizzati a trattenere qualcuno contro la loro volontà. Un tale grido di oltraggio sorse dalla classe media che sindaco e prefetto furono deposti, e al loro posto venne eletto un altro sindaco che usò il pugno di ferro contro la criminalità. Nessuno più dal quartiere popolare osò andare a rubare in centro. Anche quelli che erano veramente poveri e non avrebbero rubato niente, venivano ora guardati con sospetto per colpa di tutti quelli che avevano abusato la gentilezza dei ricchi sprovveduti.

sabato 31 maggio 2014

Cambiamenti

In questi ultimi giorni, per me particolarmente importanti, penso spesso a cosa sia il cambiamento. Tutto sembra cambiare mentre passano gli anni, la vita di ogni persona si arricchisce di eventi e di esperienza. Una cosa tuttavia sembra cambiare poco o per nulla, ed è lo spirito degli uomini. La nostra anima.
Noi non cambiamo il nostro cuore, non edifichiamo la nostra anima. Al punto che è quasi comune certezza che nessuno possa cambiare; e quando invece ci accorgiamo di una persona che ha maturato un sostanziale cambiamento interiore, pensiamo che ciò sia una rara eccezione, probabilmente frutto di qualche evento imprevisto e sconvolgente che deve avere stravolto la psiche di quell’individuo.
Facciamo molti sforzi per cambiare esternamente - grazie a prodotti estetici che ci rendano più attraenti, facendo diete e sport per migliorare il corpo. Questo perché apparire brutti al giorno d’oggi è cosa grave, e siamo molto incoraggiati a cambiare.
Facciamo sforzi ancora maggiori per non cambiare esteriormente: il terrore dell’invecchiamento ci fa ricorrere ai mezzi più estremi, e anche alla chirurgia estetica, pur di essere sempre giovani e freschi. Essere vecchi è cosa altrettanto grave che essere brutti. Ciò che conta è apparire belli, di una bellezza umana e materiale. Avere uno spirito bello, cosa intangibile, non è poi così importante. E tuttavia, nonostante gli affanni e le misure drastiche, non c’è modo di resistere all’età, e il tempo cambia il nostro corpo.
Dovremo dunque lasciare che i cambiamenti esteriori, poiché passivi e dovuti all’età, superino quelli interiori, attivi, che procedono dalla volontà? Noi infatti non cambiamo perché non abbiamo la volontà di cambiare. Ma dobbiamo cambiare internamente se vogliamo tenere l’anima eternamente giovane, fresca, bella, pulita. L’anima che dura anche quando il corpo scompare.
L’anima è come l’acqua in un lago, che se non si muove diviene stagno e fango. Ha bisogno di rinnovamente continuo, di movimento e di tensione verso il mare che è Dio. È necessario quindi tenere presente il punto d’arrivo, per tenere l’anima in movimento e indirizzarne il corso.

lunedì 5 maggio 2014

Salire e Scendere

Le persone non tendono a cambiare, anzi – abbiamo le nostre abitudini, ci piacciono e volentieri ce le teniamo. Perché cambiare? E cambiare in che cosa?
Un cambiamento avviene se ci accorgiamo che qualcosa non funziona, e coscientemente vogliamo porvi rimedio. I cambiamenti avvengono spesso quando sono imposti dall’esterno, e spesso sono cambiamenti bruschi: lavoro, casa, relazioni. Sono cambiamenti bruschi, ma, per quanto dolorosi, sono anche più facili da accettare, perché ad essi non possiamo sfuggire.
I cambiamenti interiori, invece, quelli dello spirito – quelli sì che sono difficili. Perché nonostante il nostro carattere abbia così forte impatto sulla nostra vita, difficilmente abbiamo l’onestà o la capacità di osservarci, di scegliere cosa vogliamo essere, e di diventare quella persona. È molto più facile lavorare il legno, il ferro e il marmo che il cuore dell’uomo. Specialmente se tocca a noi lavorare noi stessi.
Un cambiamento interiore molte volte è scatenato da un cambiamento esterno, un evento importante che ci spinge a riflettere su di noi e a cercare di migliorarci. Anche questo è un aiuto divino: è sempre dalle sofferenze che traiamo spunto per crescere. È sempre lo scalpello che lavora un diamante grezzo e ne fa un gioiello. Non ce ne sarebbe bisogno se noi, da noi stessi, perseguissimo questo lavoro incessante di maturazione interiore, ma non lo facciamo. E quindi l’aiuto viene da fuori.
Per chi non ha fede è molto difficile capire come sofferenze e difficoltà siano in realtà un aiuto divino. Chi non ha fede vuole generalmente vivere bene, godersi la vita, non pensare a Dio e non avere sofferenze. Magari anche aiutare il prossimo, quando capita l’occasione. Ma vivere bene non apre la porta dell’aldilà. Per questo, anche se ci dimentichiamo di Dio, Dio non si dimentica di noi, e lascia che i dolorosi richiami sul nostro cammino ci riportino a Lui.
Le leggi della fisica non sono molto diverse dalle leggi dello spirito. Ciò che è pesante, grezzo, impuro, scende; ciò che è leggero, limpido, luminoso, sale. Su questa Terra viviamo come in un grande filtro, dove tante cose pesanti ci si attaccano addosso e ci condizionano, mentre il nostro spirito vorrebbe solamente elevarsi verso le profondità celesti; e sta alla nostra volontà stabilire se vogliamo salire, restare fermi, o lasciarci trascinare verso il basso, da dove più non si sale.

venerdì 7 marzo 2014

La Prigione

C'era una volta un bambino, nato all'interno di una prigione. Era una prigione abbastanza grande, spaziosa, con molti detenuti di varie età, e c'era posto a sufficienza per tutti. La prigione era cinta da mura altissime e invalicabili; talmente alte e robuste che a nessuno sfiorava nemmeno il pensiero di valicarle. La prigione era tuttavia senza tetto, e dai vari cortili si poteva ammirare di giorno o di notte il cielo. Cosa ancora più curiosa, di carcerieri non c'era nemmeno l'ombra: tutti i prigionieri erano liberi di muoversi come loro pareva all'interno delle mura di cinta. Alcuni si erano ricavati delle belle sistemazioni comode che li proteggevano dalla pioggia e dal vento, altri più deboli o a volte fannulloni erano stati relegati a dormire all'aperto.
Anche i genitori di questo bambino erano nati nella prigione, si erano conosciuti anni prima nel cortile principale e avevano deciso di vivere insieme. Entrambi lavoravano diligentemente un piccolo orto che avevano ricavato presso le mura; uno spazio che a loro volta avevano ereditato dai loro genitori, i quali avevano dato anche la vita per difenderlo da avidi aggressori e trasmetterlo a loro.
Nessuno più ricordava come si fosse finiti nella prigione. Nessuno più ricordava che cosa ci fosse al di là delle mura. Nessuno pensava anzi che ci fosse alcunché: l'unico mondo conosciuto era la prigione, in essa si viveva e si moriva, si crescevano e allevavano i figli, ci si aiutava gli uni gli altri o ci si combatteva.
Il bambino crescendo ogni tanto chiedeva ai genitori cosa ci fosse al di là delle alte mura di pietra, e i genitori sorridendo lo accarezzavano e gli dicevano: "E chi lo sa? Nessuno ci è mai stato. Probabilmente non c'è niente, se no a quest'ora lo avremmo saputo".
E quindi il bambino crebbe, divenne un giovane, un adulto, si sposò ed ebbe a sua volta dei figli nella prigione. Che nessuno chiamava più prigione, bensì casa. Faticò e combatté le sue aspre battaglie, spendendo tempo ed energie in piccole diatribe con gli altri prigionieri. Alle mura silenziose nemmeno badava più, e solo raramente alzava gli occhi al cielo - era infatti sempre attento che nessuno cercasse di impadronirsi con l'inganno o col delitto del suo prezioso orticello.

giovedì 23 gennaio 2014

Sostegno reciproco

Fino ad oggi non avevo trovato ispirazioni per il nuovo anno. Bloggare è una bella attività, ma solo se c’è qualcosa di bello e di utile da scrivere. Sono stato assorbito da molte cose, molti cambiamenti e molte letture interessanti, e non ho scritto nulla da un pezzo. Finché ho capito che oltre a scrivere per chi ama leggere delle cose che mi appassionano, vorrei anche fare qualcosa di utile per rendere vive le stesse in me e negli altri. Infatti cosa sono questi pensieri della Sapienza e dello spirito se non vengono messi in pratica? Rimangono fredde idee. Prendono vita solo tramite l’azione dell’uomo, come una statua che viene modellata dalla creta altrimenti informe.
Invece c’è tanto da fare: il mondo è come un campo desolato e incolto, pieno di sassi, sterpi e animali rapaci. Ha bisogno di essere spianato, dissodato, bonificato, seminato, cintato e difeso. Spianato delle apparenze vane e materiali, dissodato delle credenze dei falsi idoli, bonificato delle passioni malvagie, seminato della Parola che vive e cresce, cintato perché sia netta la separazione tra Luce e ombra, e presidiato perché gli attacchi delle tenebre non prevalgano sulle sue difese. Sempre più il mondo è pieno di uomini che vivono nelle tenebre: tenebre che sono assenza di luce, assenza di speranza, assenza di affetto, assenza di carità, assenza del vero Cibo che nutre la parte più importante dell’uomo che è l’anima. 
Aiutiamoci quindi gli uni gli altri a tenere accesa questa Luce. Lavoriamo il campo del mondo. Prendiamoci carico a vicenda dei pesi che ci affaticano il cuore e la mente. Ogni fardello cade dalle spalle quando la grazia torna a scorrere nelle vene dell’anima come linfa che abbevera la pianta, e la raddrizza, dandole slancio verso l’alto. Tra veri fratelli non ci si giudica, non si mente, non si condanna: ma solo ci si aiuta, ci si edifica, ci si sostiene. Se siete nel dolore del corpo o dello spirito, nell’incertezza della fede, turbati dalle strane luci che il mondo ci fa danzare davanti per ipnotizzarci, vi prego di scrivermi a info.semieradici@gmail.com.

martedì 17 dicembre 2013

Cose dimenticate

Mi ha sempre affascinato il tema della saggezza perduta, di verità sepolte nel tempo che soli in pochi ricordano e che di tanto in tanto riaffiorano alla superficie. Una verità che esiste fin dal passato, da quando i primi uomini nella loro innocenza erano in diretto contatto con Dio, e che la “caduta” ha progressivamente occultato con la separazione tra l’umano e il divino. Una caduta dell’uomo che è continuata fino ai tempi della Redenzione, e che in certa misura continua tuttora, spinta avidamente dal principe di questo mondo.
Una di queste verità, che è immediatamente comprensibile a chiunque abbia una fede in Dio, è che non siamo soli a questo mondo. Di fianco agli elementi concreti e materiali, esistono profondi elementi sprituali. Ma per quanto molti di noi oggi abbiano qualche germe di fede, ci riesce sempre così difficile credere al mondo dello spirito. La Terra ci circonda con tutti i suoi limiti, e ad essa crediamo di appartenere, dimenticandoci che siamo molto di più che il semplice nostro corpo terreno.
Dimentichiamo che Dio non è un essere distante, che incontreremo solo alla nostra morte – Egli è qui, ora, che ci vede e sente perfettamente. Un Dio che offendiamo, tentiamo, cerchiamo di piegare alla nostra volontà in mille modi, con la scusa che Egli è buono e ci perdonerà tutto, Lui che perdona come noi non sappiamo perdonare. Egli invece è qui, ci vede e soffre per ciò che facciamo, e il suo amore per i figli ribelli non riesce a trovare sfogo e anime pronte ad accoglierlo.
Dimentichiamo che i nostri angeli sono con noi, e ricordano tutto ciò che facciamo perché sia compiuta ogni giustizia nell’ultimo giorno. Essi ci difendono e offrono ogni sorta di aiuti spirituali e materiali, con la sola speranza che ci possano portare ad una conversione del cuore. Con addirittura la speranza che anche coloro che sono cattivi possano evitare di fare il male, se per qualche attimo riescono ad essere umanamente contenti.
Se dimentichiamo che Dio è qui, ancora più dimentichiamo che il Nemico è certamente qui, visto che il mondo degli angeli caduti e degli uomini caduti appartiene a lui, che governa il senso e i desideri impuri. Il Nemico è qui con tutte le sue legioni, perché ci possano tentare, vagliare, e noi si provi il nostro valore ad essi resistendo, come il ferro grezzo che passa attraverso il fuoco per diventare puro e scintillante.
Dimentichiamo che in qualunque momento la vita terrena può avere fine, e che dovremmo vivere come bambini e come viaggiatori: bambini che si fidano ciecamente del Padre, e viaggiatori con poco bagaglio pronti in qualsiasi momento a partire per la vera avventura.
Dimentichiamo che la nostra anima non morirà mai, per quanto così spesso siamo noi stessi a ucciderla con le nostre offese ad essa e a Dio; e che dove sarà il nostro cuore sarà il nostro tesoro, e così anche la nostra anima: nel cielo o nel fango.
Queste considerazioni dovrebbero bastare a farci cambiare radicalmente vita subito, ora. Ma anche per i più fedeli, sono cose quasi dimenticate.

martedì 3 dicembre 2013

A proposito del corpo

Il corpo è centro di così tante attenzioni: l’esercizio fisico per stare in forma, la dieta, la cura della pelle, i ritocchi per diventare più belli. Esso è anche il principale strumento di piacere sensuale, in tutte le forme: piacere del cibo, del vino, del fumo, della carne. È soprattutto il veicolo con cui operiamo: le mani con cui possiamo fare il bene o il male, i piedi che ci portano alle occasioni di bene o di peccato, la bocca che esprime le cose buone o cattive che sorgono dal cuore, gli occhi che vedono la realtà in una prospettiva di luce o di ombra. E il tutto è governato dalla nostra libera volontà di fare ciò che vogliamo di questo strumento, il corpo, che non è nostro, ma di cui possiamo disporre liberamente. Non è nostro perché, pur potendo prenderci cura di esso, è stato creato da altri – i nostri genitori – e da loro affidato a noi. Loro stessi hanno ricevuto in dono il proprio corpo da padri e madri, in un’eredità che va indietro nel tempo fino al primo uomo e alla prima donna. Il corpo non è nostro perché non abbiamo alcun vero controllo su di esso, e ci può essere tolto in qualsiasi momento. Cosa più importante, noi non siamo il nostro corpo – e con ciò intendo dire che la nostra essenza, il nostro essere vero, eterno, pensante, spirituale; la nostra anima creata ad immagine spirituale di Dio, essa abita il corpo, così come noi abitiamo una casa, ma non è essa il corpo stesso. Meglio ancora, il corpo è come un’automobile guidata dalla nostra volontà, che è il guidatore. L’anima, cosa troppo pura e santa per stare a contatto con questo mondo profanato da tanto male, ha bisogno di un guscio che la protegga finché non possa tornare in cielo; e quel guscio è il corpo.
E più che una casa, il corpo è un tempio – il tempio del nostro spirito, perché lo spirito è cosa divina. Uno spirito che spesso prostriamo nel fango di tanti mali, tanti desideri, tante passioni umane, e che a quel punto di divino ha ben poco. Può Dio stare in un tempio dove albergano avidità, orgoglio, lussuria? Se ne terrà bene alla larga.
E parliamo un po’ di un tema scomodo, che sono i desideri della carne e l’uso che si fa del corpo in questo ambito. Infatti letteralmente dovunque nei media e nella vita pubblica il corpo fisico è divinizzato, e l’uso sensuale di esso è non solo accettato, ma completamente liberalizzato e sottratto ad ogni sfera morale o di giudizio. Ognuno si può congiungere con chi vuole, come quando e quanto vuole, che si tratti di molte persone diverse, a prescindere dal sesso del partner o dei partner, al di là di vincoli matrimoniali esistenti, eccetera. E non è praticamente accettabile che qualcuno possa avere un’idea diversa da quella della totale libertà sessuale.
La verità cristiana è la seguente: che il rapporto d’amore tra due persone è casto, dono divino finalizzato alla procreazione di una santa discendenza di nuovi figli di Dio. Anche l’amore tra lo sposo e la sposa deve essere casto, non porta nel suo occhio la lussuria della carne che spinge uomo e donna a ricercare sempre più eccitanti sensazioni, talora al di fuori del matrimonio e a volte anche al di fuori di un rapporto naturale. Una condotta sessuale ordinata non è solo garanzia di maggiore felicità nella vita, ma è anche un dovere e una responsabilità. Dovere verso di Dio, di fare del corpo un vero tempio in cui non alberghino desideri sensuali comuni alle bestie; dovere verso se stessi, perché siamo molto di più che carne gettata qua e là, carne che comunque perisce e di cui dovremo rendere conto; e dovere verso i nostri cari, che hanno partecipato al lavoro creativo di Dio dandoci la vita e sognando per noi un futuro luminoso, e che una condotta sessuale disordinata o comportamenti irresponsabili (guida pericolosa, assunzione di alcool o stupefacenti, eccetera) mettono in serio rischio. Infatti se il corpo si ammala, si ferisce, si indebolisce o muore perché non ne abbiamo cura, ad esserne colpiti non siamo solo noi, ma anche i nostri cari – ed essere irresponsabili nei nostri comportamenti è egoismo nei loro confronti. Il nostro corpo è anche il corpo dei nostri genitori e dei nostri antenati, la loro stessa carne, e qualunque cosa facciamo di esso la stiamo facendo anche a loro e con loro.
Tutte queste cose sono incomprensibili a coloro il cui occhio è solo volto verso il basso, verso la terra. Chi guarda la terra si incatena al fango e ad esso appartiene. Bisogna essere più ambiziosi e guardare in alto, al cielo, e abbandonare i pesi e le catene del senso che ci legano con tanti inganni. È solo in tale ottica che lo spirito diventa forte, diventa luminoso, e che il corpo si svuota per ospitare lo spirito di Dio con le sue luci e le sue verità. Saremo sempre tentati, finché il leone ruggente che vuole la nostra rovina ci girerà attorno in questo mondo. Avremo sempre desideri, passioni e tentazioni. Cedere ad esse non è naturale o inevitabile, è debolezza; è scegliere la strada in discesa, la porta ampia e spaziosa che conduce alla rovina. Non illudiamoci di essere fatti in un certo modo, e di non poter cambiare. È un pensiero folle e pericoloso. Noi siamo diamanti grezzi, e sta alla nostra volontà fare di noi una gemma pulita, ordinata, luminosa; un fiore che sta nelle mani degli angeli, e il cui profumo è gloria in eterno. Siamo su questa terra apposta per cambiare e diventare perfetti, come Dio è perfetto.