giovedì 4 giugno 2009

Ricchezza

Quando si parla di ricchezza il pensiero corre generalmente al benessere, al conto in banca, le case al mare, le auto sportive, le barche. Tutte quelle cose che sono espressione visibile della ricchezza personale.
Sembra un idea oggettiva, quantificabile, e di certo possiamo dare un valore economico a questi beni. La ricchezza tuttavia mi sembra più propriamente una percezione, un'idea soggettiva dell'individuo. Ricchezza è avere tutto ciò che una persona desidera e anche di più: l'unità di misura non dovrebbe pertanto essere quella dei beni in sè, ma quella dei nostri desideri. La ricchezza si può esprimere come il rapporto tra le due cose e, di conseguenza, minori i nostri desideri, maggiore il nostro senso di ricchezza e pienezza.
Raramente ci soffermiamo a riflettere di quanto poco abbiamo bisogno per vivere: qualcosa da mangiare, un abito per coprirsi e un riparo per dormire; tutto il resto è di più. Per la maggior parte di noi queste necessità sono talmente elementari che non le viviamo nemmeno come un problema: anche i nostri poveri sono ben più ricchi rispetto ai veri poveri del mondo. L'Occidente non ha il problema di come sopravvivere, ha il problema di come vivere. E questo problema terribile non sa davvero come risolverlo. L'unica risposta che si è dato è quella di aumentare i propri bisogni: mangiando meglio e di più, vestendo meglio e di più, comprando più case, tappezzando le strade e i media di pubblicità e inviti a qualsiasi tipo di nuovo desiderio. E' stata questa trappola del benessere a creare la povertà, ma peggio ancora a togliere ogni forma di dignità alla povertà. La povertà non è più accettabile - ma non la povertà nei bisogni fondamentali, cosa remota, quanto la povertà nei bisogni superflui: ristorante, discoteca, vacanze, auto, abiti firmati.
Il vero povero è umile, è dinamico, è vitale: il neo-povero o post-povero è aggressivo, prepotente, spregiudicato. La demonizzazione della povertà, come antitesi speculare del benessere moderno, è un'altra conseguenza negativa di un mondo che ha perso la sua Tradizione.

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