lunedì 1 giugno 2009

Famiglia

Molte cose cambiano nel costume e nelle abitudini di un popolo, modificando talvolta radicalmente la vita quotidiana, i desideri, i comportamenti delle persone. Spesso osserviamo questi cambiamenti come curiosità, mode, segni dei tempi: stili di abbigliamento, passatempi, giornali, film. Tutti hanno la loro epoca, tutti cambiano, tutti evolvono. Le evoluzioni sono complesse, e non procedono necessariamente su piani separati: i cambiamenti di abbigliamento influenzano i giornali, i film, le pubblicità, i gusti. I film possono lanciare nuove mode, eventi sportivi, modelli comportamentali. Nel mezzo delle evoluzioni di tutto ciò che circonda l'uomo, anche l'uomo viene influenzato quantomeno psichicamente. Ed è in questa prospettiva che radicalmente è cambiato il modo di intendere la famiglia, e vivere il rapporto tra le generazioni.
Il nostro costume ama solo ciò che è giovane, sgargiante, pieno di vita, assoluto - nel senso che è sciolto da ogni cosa che non sia se stesso, il proprio destino di appagamento totale. Di conseguenza il rigetto per ciò che è più anziano, ciò che è responsabile, ciò che detiene l'autorità.
Il primo campo di battaglia di queste idee è la famiglia, in cui la separazione naturale tra le diverse generazioni assume le dimensioni di una frattura violenta, precoce, che scatta appena il giovane prende coscienza di una sua naturale aspirazione alla libertà.
A ciò contribuisce anche una generazione di genitori che ha vissuto l'epoca della contestazione, e con il loro esempio hanno instillato nei figli l'idea positiva della ribellione - come forma di emancipazione, ricerca di nuovi traguardi, raggiungimento di nuove libertà, superamento delle ingiustizie tipicamente insite nell'autorità e in chi la esercita. I figli degli anni '70 si trovano adesso dall'altra parte della barricata e nello sconcerto di non saper gestire dei figli ancora più sbalestrati di loro, con spinte centrifughe ancora maggiori. I genitori hanno dimostrato ai figli che la vita va goduta, a costo di separarsi se la convivenza è difficile. Che uno o due figli vanno bene, ma di più c'è da morire. Che i figli sono difficili e sono un peso, e se uno non ce la fa li abortisce. Che separarsi e risposarsi anche più volte non è strano, fa parte di un processo di crescita personale e di tentativi che ognuno fa per conoscere se stesso - anzi i figli potranno godere di famiglie allargate, di esperienze nuove. Stupisce molto che i figli non abbiano rispetto per i genitori?
Come suona arcano il comandamento di onorare il padre e la madre. Sono un padre e una madre che non vogliono essere onorati, anzi che disonorano se stessi. Sono figli a cui non viene nemmeno in mente di onorare padre e madre, se non per qualche convenienza.
Ma cos'è la vita, cos'è la società se proprio nella famiglia non riesce ad esserci armonia? E come non vedere come i comportamenti e gli errori dei padri si trasmettono veramente ai figli, perché nulla è più importante dell'esempio che viene loro offerto?
Mi piace la descrizione completa del quarto comandamento, così come nell'Esodo e nel Deuteronomio: "Onora tuo padre e tua madre, come il Signore Dio tuo ti ha comandato, perché la tua vita sia lunga e tu sii felice nel paese che il Signore tuo Dio ti dá". Onorare i genitori non è un precetto fine a se stesso, ma è la condizione di una vita serena, lunga e felice. Una vita regolata dall'armonia. E' proprio il canone dell'armonia che manca al nostro tempo, che invece ama le dissonanze dei suoni, le disarmonie letterarie, i contrasti dei colori.

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