venerdì 3 aprile 2009

Identità in conflitto

Quando due identità si trovano a relazionarsi, a convivere sullo stesso suolo, possono ragionevolmente accadere due cose: o prevarrà una delle due, oppure col tempo si fonderanno dando luogo ad un nuovo ibrido più o meno coerente. E' un normale principio di equilibrio, per cui le cose tendono a stabilizzarsi: se sono irriducibili, la più forte prevale, se sono riducibili, si mescoleranno. Non potranno galleggiare indefinitamente l'una vicino all'altra senza influenzarsi, senza limitarsi.
Così quando l'Italia è un paese meta di immigrazione, l'identità nazionale - già di per sè frammentata - viene a confrontarsi con una serie di culture, identità, soprattutto situazioni diverse, con effetti molto differenti. L'ondata migratoria che è venuta dal sudamerica, o da alcuni paesi dell'est europa, non ha avuto un impatto particolarmente forte sulla cultura nazionale. Ciò è l'effetto di una certa assonanza, se non somiglianza, sotto il profilo culturale e tradizionale, in particolare ovviamente quello religioso. Le ondate migratorie dal nordafrica o da altri paesi asiatici (tra cui anche la Cina) sono le principali candidate a creare conflitti. In particolare quelle africane, le cui masse migratorie di gente povera non hanno trovato in gran parte forme di organizzazione di gruppo, di mutua assistenza, di stabilizzazione, come invece hanno fatto i più sofisticati gruppi cinesi.
I gruppi cinesi sono dotati di una mentalità estremamente flessibile, adattevole, quasi amorale - nel senso che al di fuori dei principi di salvaguardia del gruppo e della loro tradizione, che è loro propria e non condivisibile con l'esterno - trovano lecito qualsiasi comportamento razionale/legalmente permesso. Non sono cioè strettamente ancorati ad alcun principio etico di matrice culturale o religiosa, almeno per una gran parte di essi; né sono spinti ad una diffusione della propria cultura al di fuori del loro gruppo. Ciò consente loro di avere pochi problemi col paese ospite, in cui hanno scavato nicchie completamente esclusive e ristrette, mentre continuano una sistematica attività di crescita e rafforzamento.
Diverso è l'atteggiamento delle minoranze africane/asiatiche di matrice islamica, caratterizzate da una forte energia e dal desiderio di stabilirsi/farsi una nuova vita, senza però scendere a grossi compromessi con le tradizioni e l'identità del paese ospite. In sostanza, anche se più poveri e tendenzialmente meno organizzati (cosa peraltro discutibile), sono maggiormente propensi ad entrare in un conflitto sociale e culturale.
E' forse il caso di ricordare che il conflitto culturale va in due sensi; ma chi lo comincia non sempre è il paese ospite, anzi. Si parla spesso di xenofobia quando qualcuno usa parole forti contro l'immigrazione indiscriminata; ma da cosa nasce un conflitto? Non credo sia sempre colpa di gente gretta e ignorante che non tollera chi è diverso. Molto spesso le occasioni di intolleranza sono proprio scatenate dal comportamento di gruppi d'identità diversa, che inevitabilmente finiscono per rompere equilibri delicati e naturali per la comunità locale. Ciò non deve stupire, è il prodotto necessario dell'incontro tra due identità più o meno forti. Sebbene - e giustamente - la politica, le leggi e gli intellettuali suggeriscano che non ci debbano essere conflitti violenti di natura culturale, e che qualsiasi evento di questo genere vada represso, la realtà è che nel sottosuolo l'incontro/scontro tra identità continua ad avvenire. E non dobbiamo dimenticarci delle premesse: se una sopravvive, l'altra muore; altrimenti si mescolano. Qualcuno vede miscele in vista?

Nessun commento:

Posta un commento