giovedì 2 aprile 2009

Involuzioni

Siamo tutti d'accordo sul fatto che il mondo è cambiato tantissimo nell'ultimo secolo. Al punto che le generazioni cambiano dopo tre/cinque anni, e non riescono più a comprendersi tra loro. Ma a parte il modo in cui gli uomini (o almeno una parte) vivono nella società del benessere, è cambiato anche l'uomo?
Diffusa e scientificamente razionale è la teoria evoluzionistica, spesso utilizzata come fondamento di qualsiasi riflessione legata all'esistenza umana. E da quando è stata largamente adottata, è divenuta anche teoria di comportamento sociale. Nonostante le leggi cerchino in misura più o meno estesa di "limitarla", l'atteggiamento delle persone è inequivocabilmente più aggressivo, più teso al prevalere, alla supremazia. Se tali impulsi erano sempre presenti nel cuore dell'uomo (magari convalidando la teoria), restavano impulsi latenti e per lo più condannati dalla cultura dei popoli. Ogni tradizione ha cercato di invertire questa tendenza centripeta dell'uomo, di sconvolgere il suo egocentrismo per proiettarlo ad un autocontrollo superiore, al servizio della comunità. Di proteggere il debole dal forte, tramite la forza delle leggi e delle idee. Di combattere questa idea di evoluzione.
La spinta evoluzionistica, oggi, sottilmente travestita da spinta al progresso, è invece completamente incontrollata. E' stata sguinzagliata nelle menti delle persone, senza che ne siano nemmeno consapevoli. Cosa grave, è cambiato lo stesso concetto di giustizia. Non è più giustizia ciò che preserva il bene superiore dell'organizzazione, del gruppo, l'armonia delle parti. La giustizia si è ridotta ad una sfera personale, nella convinzione che un benessere materiale sia possibile, necessario e doveroso, prima ancora del bene e dell'armonia sociale. Anzi, di bene e armonia sociale ormai poco importa al singolo.
Razionalmente riusciamo tutti a discernere "ciò che sarebbe giusto", in un'ottica puramente umana e culturale. Ma "ciò che sarebbe giusto" appare oggi troppo difficile, troppo strano, troppo eccezionale. L'idea di sacrificio, inteso come scelta razionale che va contro il diretto vantaggio dell'individuo, è ormai quasi impensabile. E' follia. Nulla ha senso, se non è teso ad un vantaggio immediato, ad una crescita veloce. A ciò che è giusto, si preferisce immediatamente ciò che è naturale, ciò che peraltro "chiunque" farebbe, ai sensi di un diverso tipo di razionalità più "concreta" e di conseguenza più vera. Banalmente, si sceglie razionalmente e volontariamente la strada ampia e spaziosa, la porta larga, perché ci siamo convinti che quella stretta sia a fondo cieco.

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