sabato 2 maggio 2009

Perfezionismi

Riflettevo sul valore del tempo, su quante cose si possano fare in una giornata. Ci sono date possibilità straordinarie per utilizzare il nostro tempo. È un mondo così ricco, pieno di cose da conoscere, di materie da studiare. Pieno di cose da fare, di problemi da risolvere, di storture da raddrizzare. È un mondo in cui esiste il “bello” come concetto non soggettivo, un bello che va protetto, amato, creato e riportato alla luce. È un mondo in cui possiamo impegnarci a migliorare le cose, renderle perfette, ma che immane lavoro!
Serve più della umana volontà, più della costanza ferrea. Siamo tutti più o meno onesti con noi stessi e cerchiamo di fare del nostro meglio, ci convinciamo di fare tutto il possibile, ma non è vero. Ci diamo degli obiettivi, spesso molto facili, e quando li raggiungiamo poi ce ne accontentiamo. Come colui che corre, che appena tagliato il traguardo si ferma per riposare, ed è anche giusto che sia così. Ma quanto è migliore quel corridore che non si ferma al traguardo, ma anzi continua a correre? Quanto lontano potrà arrivare?
L’unico modo che abbiamo per vincere il mondo è fare quel passo in più, quel passo che non faremmo se dipendesse solo da noi. Ma quel passo è la differenza tra il tutto e il niente. È quel passo che ci spinge a lavorare sempre meglio, ci fa apprezzare una casa ordinata, ci chiede di non sporcare l’ambiente, ci fa rinunciare a tante cose inutili. È un passo che plasma la nostra anima e il nostro corpo e che cambia il nostro modo di pensare.
Anima e corpo non sono molto simili? Come il corpo richiede cure, allenamento, attenzioni, non è forse così anche per la nostra anima? Quanti balsami, profumi, accessori compriamo per il nostro corpo, come lo laviamo, come ci stiamo attenti. Non ci sono forse balsami per la nostra anima, non richiede anch’essa attenzione e pulizia? È bella una persona di bell’aspetto, ma quanto sarà più bella se avrà anche una grande anima?
Con la vita abbiamo anche la grande occasione di spingerci sempre più avanti, di migliorarci sotto ogni aspetto, alla luce di un grande obiettivo che è fare di questa Terra un paradiso. Quale peccato sarebbe sprecare una simile opportunità.

martedì 28 aprile 2009

Vita tradizionale

Com'è il vivere tradizionale? E' come una piccola comunità, che si regge sulle forze e i talenti dei suoi membri, in cui ciascun individuo è prezioso per il bene di tutti. Sarebbe folle per l'individuo andare contro l'armonia del gruppo, lottare contro il gruppo, perché è proprio nella comunità che l'individuo trova la sua pienezza. E' una società in cui spontaneamente e felicemente ciascuno mette gli altri al primo posto, perché il bene della comunità viene prima ed è indispensabile a garantire il bene del singolo.
E' una società ordinata, in cui il suddito non è da meno del re. Il suddito non prova invidia per il potere del re, poiché ne rispetta il ruolo e le capacità; e il re non si approfitta della sua posizione, né crea occasione di invidia con atti di vanità. Il re garantisce l'ordine per il suddito, il suddito ripaga il re con la sua fedeltà - che è fedeltà al gruppo, per il bene superiore di tutti.
E' una società in cui forma e contenuto sono allineati, non c'è doppiezza di pensiero, non c'è divergenza di scopi. E' una promessa di vita semplice, ardua, povera, sfidante, che pochi riescono a desiderare e che non può realizzarsi sulla terra se non in poche oasi. E' un sogno che si porta nel cuore, ma uno di quei sogni contagiosi che quando li riesci a sognare restano poi sempre davanti agli occhi, e portano a scelte nuove e meravigliose nella vita di tutti i giorni. E' uno di quei sogni difficili, ma che dà grandi speranze.
Quanto è strana questa battaglia dei contrasti, per cui gioia e soddisfazione non vengono dalle cose facili, ma da quelle più difficili; e tanto più sembrano impossibili e richiedono sforzi e sangue e sudore, tanto più sono mirabili le opere che riusciamo a costruire. Quanto è strano che ciò che sembra più piacevole, attraente, eccitante, spesso risulti completamente vano, inutile, caduco; mentre proprio dove non ce l'aspettiamo, da ciò che ci crea angoscia, timore, scoramento, troviamo poi nuovi cieli e nuovi mari.

lunedì 27 aprile 2009

Informazione finanziaria

La nuova influenza ha destato immediatamente il giusto interesse dei media, anche se con effetti a dir poco contrastanti. I quotidiani di informazione cercano di stare sempre più sul pezzo con i numeri aggiornati degli ammalati, la diffusione del contagio, i farmaci e le ricette più efficaci, cercando di fare informazione seminando discretamente il maggior panico possibile. Al contrario i più pragmatici servizi di informazione finanziaria, come il messaggio riportato su bloomberg che allego qui sotto, che registrano con favore il rialzo dei listini in seguito alle brutte notizie.
"(ANSA) - MILANO, 27 APR - Seduta positiva, dopo un po' di tentennamenti, per le borse europee, grazie al buon andamento dei titoli farmaceutici, che hanno beneficiato delle attese di un incremento delle vendite di medicinali per arginare l'influenza da suini. La corsa dei titoli del comparto (+2,79% il Dj stoxx del settore farmaceutico) ha più che compensato i cali registrati dalle compagnie aeree e delle aziende esposte sul fronte dei trasporti, dove è prevalsa l'idea di una frenata dell'attività legata ai timori di diffusione dell'epidemia.
E' il caso di Autogrill, gruppo attivo non solo sulle autostrade ma soprattutto nella ristorazione negli aeroporti, dove è presente anche in molti scali del Nord America. La società della famiglia Benetton ha ceduto a Piazza Affari il 4,95%. Dal lato dei possibili beneficiari dell'epidemia, da registrare invece lo strappo, sulla piazza londinese, di Glaxo (+6,1%) che produce il farmaco Relenza, il più richiesto in questo momento, accanto al Tamiflu della Roche (+3,5% a Zurigo), dai governi per curare l'influenza. E non è un caso che la borsa elevetica abbia segnato il maggior rialzo della giornata."

domenica 26 aprile 2009

Risurrezione


Dalla prima lettera di San Paolo apostolo ai Corinzi
Vi ho trasmesso dunque, anzitutto, quello che anch’io ho ricevuto: che cioè Cristo morì per i nostri peccati, fu sepolto ed è risuscitato il terzo giorno secondo le Scritture, e che apparve a Cefa e quindi ai Dodici. In seguito apparve a più di cinquecento fratelli in una sola volta. Inoltre apparve a Giacomo, e quindi a tutti gli apostoli. Ultimo fra tutti apparve anche a me come a un aborto. Io infatti sono l’infimo degli apostoli, e non sono degno neppure di essere chiamato apostolo, perché ho perseguitato la Chiesa di Dio. Per grazia di Dio però sono quello che sono, e la sua grazia in me non è stata vana.
Ora, se si predica che Cristo è risuscitato dai morti, come possono dire alcuni tra voi che non esiste risurrezione dei morti? Se infatti i morti non risorgono, neanche Cristo è risorto; ma se Cristo non è risorto, è vana la vostra fede e voi siete ancora nei vostri peccati. E anche quelli che sono morti in Cristo sono perduti. Se poi noi abbiamo avuto speranza in Cristo soltanto in questa vita, siamo da compiangere più di tutti gli uomini. Ora, invece, Cristo è risuscitato dai morti, primizia di coloro che sono morti.
Se i morti non risorgono, mangiamo e beviamo, perché domani moriremo. Non lasciatevi ingannare, ritornate in voi, come conviene, e non peccate! Alcuni infatti dimostrano di non conoscere Dio; ve lo dico a vostra vergogna. Ma qualcuno dirà: “Come risuscitano i morti? Con quale corpo verranno?”. Stolto! Ciò che tu semini non prende vita, se prima non muore; e quello che semini non è il corpo che nascerà, ma un semplice chicco di grano o di altro genere. E Dio gli dà un corpo come ha stabilito, e a ciascun seme il proprio corpo. Non ogni carne è la medesima carne; altra è la carne di uomini e altra quella di animali; altra quella di uccelli e altra quella di pesci. Vi sono corpi celesti e corpi terrestri, ma altro è lo splendore dei corpi celesti, e altro quello dei corpi terrestri. Altro è lo splendore del sole, altro lo splendore della luna e altro lo splendore delle stelle: ogni stella infatti differisce da un’altra nello splendore. Così anche la risurrezione dei morti: si semina corruttibile e risorge incorruttibile; si semina ignobile e risorge glorioso, si semina debole e risorge pieno di forza; si semina un corpo animale, risorge un corpo spirituale.

sabato 25 aprile 2009

Note primaverili

Quale forza, quale bellezza nella fragilità dell’uomo... Siamo così piccoli, infinitesimali, e nonostante tutto cerchiamo e crediamo di poter controllare la nostra vita. Viviamo, sopravviviamo, ogni giorno sopportiamo mille difficoltà, ma andiamo avanti perché non possiamo fare diversamente. Come non provare gioia e tristezza per la condizione dell’uomo? Un uomo che è così incline a dimenticare. Dimentica le sue fatiche passate, le sue sofferenze, le sue battaglie, e spensieratamente commette ogni volta gli stessi errori. Un uomo che non si chiede da dove viene e dove va, non trova il suo senso nel giardino del mondo, perde il contatto con le generazioni del passato, vive la sua vita giorno per giorno sentendosi fortunato se ha qualcosa per tirare avanti.
In un mondo che dà occasioni di grande allegria, che quando c’è sembra non finire mai, e grandi dolori, che sul momento appaioni insuperabili; ma tutto alimenta quel grande calderone che è il passato, che non esiste più, mentre rimane sempre qualcosa da fare, da vivere, di cui preoccuparsi.
Come non vedere che non c’è l’io e l’altro, che il nostro corpo non finisce all’estremità della nostra mano, ma è un continuo nel Tutto, in questo mondo in cui siamo immersi e da cui non possiamo uscire. Un mondo in cui infatti non c’è dentro né fuori, perché c’è solo il Tutto, e noi di questo siamo parte, tutto nel Tutto. Non vedere che nel volo di una rondine è racchiuso tutto il mistero della vita, i segni del tempo e la storia della terra, alla luce di un sole che nasce e muore ogni giorno.

giovedì 23 aprile 2009

Democrazia italiana

E' del secolo scorso il concetto che la democrazia sia il capolinea come sistema di organizzazione politica per eccellenza, e in quanto tale vada promosso ed esportato nel mondo. Per quanto si possa anche essere d'accordo con le premesse, esportare sistemi organizzativi di questo tipo è pressoché impossibile.
E' la storia di un popolo a determinarne naturalmente la forma organizzativa, attraverso un processo di piccoli progressivi miglioramenti, di spinte positive e negative, che promuovono e sfidano il raggiungimento di un equilibrio sempre più stabile. Tale equilibrio rifletterà anche lo spirito e la natura dei suoi cittadini, i cui cambiamenti richiedono lunghe generazioni per manifestarsi in modo sostanziale.
La democrazia non è un sistema organizzativo naturale. Non è la prima soluzione che nasca spontanea all'interno di un gruppo, anzi, ha richiesto millenni per manifestarsi. Per quanto si possano creare in varie forme, specialmente dall'esterno, le condizioni strutturali perché si costituisca una democrazia - tramite la costruzione ad hoc di un apparato normativo, di leggi democratiche e di un potere esecutivo che gestisca il nuovo ordine sociale - non per questo i cittadini saranno pronti per la vita democratica.
L'Italia non è nata come una democrazia, e non si è guadagnata la democrazia. La democrazia è stata costruita dagli alleati sulle rovine di una dittatura, una dittatura che gli italiani da soli non sono riusciti a cambiare - ma che anzi sarebbe verosimilmente continuata, qualora non fosse implosa nei disordini mondiali dell'epoca.
Condizione indispensabile per il funzionamento della democrazia è prima di tutto il desiderio dei cittadini di farne parte, di costituirsi insieme in una comunità equa e organizzata. Se il sentimento civico non è profondamente scolpito nei cuori degli individui, ma ognuno è per sè, non potrà mai realizzarsi - se non molto lentamente e con una buona dose di fortuna - una società realmente democratica. Per quanto in Italia le strutture democratiche siano ormai consolidate, tra lo spirito delle leggi e la volontà/il comportamento dei cittadini ci sta ancora un mare. Ne abbiamo di strada da fare prima di raggiungere il traguardo.

martedì 21 aprile 2009

Un tema delicato

Un po' mi sorprende quanto sia inflazionata la parola razzismo, come sia diventata versatile. Si e' trasformata in un insulto - Razzista! - usato in politica per decretare una condanna senza appello dell'avversario. Ha assunto così tante sfaccettature, angolazioni, che non può nemmeno essere soggetta a discussione e sfugge ad ogni tentativo di discorso o dialogo. Quando lo spettro del razzismo viene evocato, non esiste più ragione o possibilità di un confronto civile e politico: solo un senso di vergogna e un desiderio di penitenza che dovrebbe pervadere chi è oggetto dell'accusa.
Nel paradosso del progressismo laico, del politicamente corretto come religione, dello snobismo intellettuale lontano dalla concretezza delle cose, l'accusa di razzismo è diventata l'arma prediletta per screditare la parte avversa in qualunque situazione. E' sinonimo di intollerante, ignorante, stupido, criminale, violento, nemico dell'uguaglianza. Ha assunto così tanti significati da aver perso quasi senso, certamente il senso originario della parola.
Il razzismo nasce come "teoria della differenza delle razze" o razzismo biologico, in base al quale il sangue/DNA costituisce naturalmente una discriminazione tra gli individui (intesa come separazione, diversità). Cosa che potrà forse essere anche vera, visto che nessuno ha il medesimo patrimonio cromosomico di un altro individuo, ma che difficilmente può essere intesa come "superiorità genetica" di un popolo rispetto ad un altro, così come è stata interpretata nella storia, con le sue barbare conseguenze; e, con questo scandalo, il significato della parola razzismo si è trasformato nel generico senso dispregiativo di discriminazione.
Si usa la parola razzismo per identificare discriminazioni di tipo religioso, culturale, sessuale; quasi mai per discriminazioni razziali. E' così sciocca e stupida l'idea di discriminazione razziale che non ci crede nessuno. Ma il peso morale che la parola si trascina dietro ne fa un'arma eccezionale di attacco politico, a prescindere che abbia veramente senso usarla o meno.
Non bisogna essere parte di un elite intellettuale per condannare quello che costoro intendono come razzismo. Qualunque idea che teorizzi, giustifichi o promuova la violenza anche su di un solo individuo, è certamente malefica e va condannata. Non per questo bisogna rifiutare di toccare i temi più caldi del mondo in cui viviamo, un mondo che mette in confronto e spesso in conflitto diversi paesi, culture e religioni. Un mondo in cui gli uomini sono sostanzialmente diversi. Sono diversi fin dalla nascita, per ceto, salute fisica, statura, lingua, colore, religione, cultura. Crescendo diventano ancora più diversi, affinando idee e personalità anche diametralmente opposte. La diversità degli uomini è una fortuna, una salvezza, un'occasione. Dire che gli uomini sono tutti uguali, oltre ad essere completamente falso, sminuisce soltanto l'unicità e il valore del singolo individuo.
La diversità fa paura, ma paradossalmente fa paura a quelli che predicano l'uguaglianza a tutti i costi. Per questo chiunque si azzardi a entrare nel campo della diversità tra gli uomini, si addentra nel campo minato del loro razzismo.