sabato 25 aprile 2009

Note primaverili

Quale forza, quale bellezza nella fragilità dell’uomo... Siamo così piccoli, infinitesimali, e nonostante tutto cerchiamo e crediamo di poter controllare la nostra vita. Viviamo, sopravviviamo, ogni giorno sopportiamo mille difficoltà, ma andiamo avanti perché non possiamo fare diversamente. Come non provare gioia e tristezza per la condizione dell’uomo? Un uomo che è così incline a dimenticare. Dimentica le sue fatiche passate, le sue sofferenze, le sue battaglie, e spensieratamente commette ogni volta gli stessi errori. Un uomo che non si chiede da dove viene e dove va, non trova il suo senso nel giardino del mondo, perde il contatto con le generazioni del passato, vive la sua vita giorno per giorno sentendosi fortunato se ha qualcosa per tirare avanti.
In un mondo che dà occasioni di grande allegria, che quando c’è sembra non finire mai, e grandi dolori, che sul momento appaioni insuperabili; ma tutto alimenta quel grande calderone che è il passato, che non esiste più, mentre rimane sempre qualcosa da fare, da vivere, di cui preoccuparsi.
Come non vedere che non c’è l’io e l’altro, che il nostro corpo non finisce all’estremità della nostra mano, ma è un continuo nel Tutto, in questo mondo in cui siamo immersi e da cui non possiamo uscire. Un mondo in cui infatti non c’è dentro né fuori, perché c’è solo il Tutto, e noi di questo siamo parte, tutto nel Tutto. Non vedere che nel volo di una rondine è racchiuso tutto il mistero della vita, i segni del tempo e la storia della terra, alla luce di un sole che nasce e muore ogni giorno.

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