giovedì 23 gennaio 2014

Sostegno reciproco

Fino ad oggi non avevo trovato ispirazioni per il nuovo anno. Bloggare è una bella attività, ma solo se c’è qualcosa di bello e di utile da scrivere. Sono stato assorbito da molte cose, molti cambiamenti e molte letture interessanti, e non ho scritto nulla da un pezzo. Finché ho capito che oltre a scrivere per chi ama leggere delle cose che mi appassionano, vorrei anche fare qualcosa di utile per rendere vive le stesse in me e negli altri. Infatti cosa sono questi pensieri della Sapienza e dello spirito se non vengono messi in pratica? Rimangono fredde idee. Prendono vita solo tramite l’azione dell’uomo, come una statua che viene modellata dalla creta altrimenti informe.
Invece c’è tanto da fare: il mondo è come un campo desolato e incolto, pieno di sassi, sterpi e animali rapaci. Ha bisogno di essere spianato, dissodato, bonificato, seminato, cintato e difeso. Spianato delle apparenze vane e materiali, dissodato delle credenze dei falsi idoli, bonificato delle passioni malvagie, seminato della Parola che vive e cresce, cintato perché sia netta la separazione tra Luce e ombra, e presidiato perché gli attacchi delle tenebre non prevalgano sulle sue difese. Sempre più il mondo è pieno di uomini che vivono nelle tenebre: tenebre che sono assenza di luce, assenza di speranza, assenza di affetto, assenza di carità, assenza del vero Cibo che nutre la parte più importante dell’uomo che è l’anima. 
Aiutiamoci quindi gli uni gli altri a tenere accesa questa Luce. Lavoriamo il campo del mondo. Prendiamoci carico a vicenda dei pesi che ci affaticano il cuore e la mente. Ogni fardello cade dalle spalle quando la grazia torna a scorrere nelle vene dell’anima come linfa che abbevera la pianta, e la raddrizza, dandole slancio verso l’alto. Tra veri fratelli non ci si giudica, non si mente, non si condanna: ma solo ci si aiuta, ci si edifica, ci si sostiene. Se siete nel dolore del corpo o dello spirito, nell’incertezza della fede, turbati dalle strane luci che il mondo ci fa danzare davanti per ipnotizzarci, vi prego di scrivermi a info.semieradici@gmail.com.

martedì 17 dicembre 2013

Cose dimenticate

Mi ha sempre affascinato il tema della saggezza perduta, di verità sepolte nel tempo che soli in pochi ricordano e che di tanto in tanto riaffiorano alla superficie. Una verità che esiste fin dal passato, da quando i primi uomini nella loro innocenza erano in diretto contatto con Dio, e che la “caduta” ha progressivamente occultato con la separazione tra l’umano e il divino. Una caduta dell’uomo che è continuata fino ai tempi della Redenzione, e che in certa misura continua tuttora, spinta avidamente dal principe di questo mondo.
Una di queste verità, che è immediatamente comprensibile a chiunque abbia una fede in Dio, è che non siamo soli a questo mondo. Di fianco agli elementi concreti e materiali, esistono profondi elementi sprituali. Ma per quanto molti di noi oggi abbiano qualche germe di fede, ci riesce sempre così difficile credere al mondo dello spirito. La Terra ci circonda con tutti i suoi limiti, e ad essa crediamo di appartenere, dimenticandoci che siamo molto di più che il semplice nostro corpo terreno.
Dimentichiamo che Dio non è un essere distante, che incontreremo solo alla nostra morte – Egli è qui, ora, che ci vede e sente perfettamente. Un Dio che offendiamo, tentiamo, cerchiamo di piegare alla nostra volontà in mille modi, con la scusa che Egli è buono e ci perdonerà tutto, Lui che perdona come noi non sappiamo perdonare. Egli invece è qui, ci vede e soffre per ciò che facciamo, e il suo amore per i figli ribelli non riesce a trovare sfogo e anime pronte ad accoglierlo.
Dimentichiamo che i nostri angeli sono con noi, e ricordano tutto ciò che facciamo perché sia compiuta ogni giustizia nell’ultimo giorno. Essi ci difendono e offrono ogni sorta di aiuti spirituali e materiali, con la sola speranza che ci possano portare ad una conversione del cuore. Con addirittura la speranza che anche coloro che sono cattivi possano evitare di fare il male, se per qualche attimo riescono ad essere umanamente contenti.
Se dimentichiamo che Dio è qui, ancora più dimentichiamo che il Nemico è certamente qui, visto che il mondo degli angeli caduti e degli uomini caduti appartiene a lui, che governa il senso e i desideri impuri. Il Nemico è qui con tutte le sue legioni, perché ci possano tentare, vagliare, e noi si provi il nostro valore ad essi resistendo, come il ferro grezzo che passa attraverso il fuoco per diventare puro e scintillante.
Dimentichiamo che in qualunque momento la vita terrena può avere fine, e che dovremmo vivere come bambini e come viaggiatori: bambini che si fidano ciecamente del Padre, e viaggiatori con poco bagaglio pronti in qualsiasi momento a partire per la vera avventura.
Dimentichiamo che la nostra anima non morirà mai, per quanto così spesso siamo noi stessi a ucciderla con le nostre offese ad essa e a Dio; e che dove sarà il nostro cuore sarà il nostro tesoro, e così anche la nostra anima: nel cielo o nel fango.
Queste considerazioni dovrebbero bastare a farci cambiare radicalmente vita subito, ora. Ma anche per i più fedeli, sono cose quasi dimenticate.

martedì 3 dicembre 2013

A proposito del corpo

Il corpo è centro di così tante attenzioni: l’esercizio fisico per stare in forma, la dieta, la cura della pelle, i ritocchi per diventare più belli. Esso è anche il principale strumento di piacere sensuale, in tutte le forme: piacere del cibo, del vino, del fumo, della carne. È soprattutto il veicolo con cui operiamo: le mani con cui possiamo fare il bene o il male, i piedi che ci portano alle occasioni di bene o di peccato, la bocca che esprime le cose buone o cattive che sorgono dal cuore, gli occhi che vedono la realtà in una prospettiva di luce o di ombra. E il tutto è governato dalla nostra libera volontà di fare ciò che vogliamo di questo strumento, il corpo, che non è nostro, ma di cui possiamo disporre liberamente. Non è nostro perché, pur potendo prenderci cura di esso, è stato creato da altri – i nostri genitori – e da loro affidato a noi. Loro stessi hanno ricevuto in dono il proprio corpo da padri e madri, in un’eredità che va indietro nel tempo fino al primo uomo e alla prima donna. Il corpo non è nostro perché non abbiamo alcun vero controllo su di esso, e ci può essere tolto in qualsiasi momento. Cosa più importante, noi non siamo il nostro corpo – e con ciò intendo dire che la nostra essenza, il nostro essere vero, eterno, pensante, spirituale; la nostra anima creata ad immagine spirituale di Dio, essa abita il corpo, così come noi abitiamo una casa, ma non è essa il corpo stesso. Meglio ancora, il corpo è come un’automobile guidata dalla nostra volontà, che è il guidatore. L’anima, cosa troppo pura e santa per stare a contatto con questo mondo profanato da tanto male, ha bisogno di un guscio che la protegga finché non possa tornare in cielo; e quel guscio è il corpo.
E più che una casa, il corpo è un tempio – il tempio del nostro spirito, perché lo spirito è cosa divina. Uno spirito che spesso prostriamo nel fango di tanti mali, tanti desideri, tante passioni umane, e che a quel punto di divino ha ben poco. Può Dio stare in un tempio dove albergano avidità, orgoglio, lussuria? Se ne terrà bene alla larga.
E parliamo un po’ di un tema scomodo, che sono i desideri della carne e l’uso che si fa del corpo in questo ambito. Infatti letteralmente dovunque nei media e nella vita pubblica il corpo fisico è divinizzato, e l’uso sensuale di esso è non solo accettato, ma completamente liberalizzato e sottratto ad ogni sfera morale o di giudizio. Ognuno si può congiungere con chi vuole, come quando e quanto vuole, che si tratti di molte persone diverse, a prescindere dal sesso del partner o dei partner, al di là di vincoli matrimoniali esistenti, eccetera. E non è praticamente accettabile che qualcuno possa avere un’idea diversa da quella della totale libertà sessuale.
La verità cristiana è la seguente: che il rapporto d’amore tra due persone è casto, dono divino finalizzato alla procreazione di una santa discendenza di nuovi figli di Dio. Anche l’amore tra lo sposo e la sposa deve essere casto, non porta nel suo occhio la lussuria della carne che spinge uomo e donna a ricercare sempre più eccitanti sensazioni, talora al di fuori del matrimonio e a volte anche al di fuori di un rapporto naturale. Una condotta sessuale ordinata non è solo garanzia di maggiore felicità nella vita, ma è anche un dovere e una responsabilità. Dovere verso di Dio, di fare del corpo un vero tempio in cui non alberghino desideri sensuali comuni alle bestie; dovere verso se stessi, perché siamo molto di più che carne gettata qua e là, carne che comunque perisce e di cui dovremo rendere conto; e dovere verso i nostri cari, che hanno partecipato al lavoro creativo di Dio dandoci la vita e sognando per noi un futuro luminoso, e che una condotta sessuale disordinata o comportamenti irresponsabili (guida pericolosa, assunzione di alcool o stupefacenti, eccetera) mettono in serio rischio. Infatti se il corpo si ammala, si ferisce, si indebolisce o muore perché non ne abbiamo cura, ad esserne colpiti non siamo solo noi, ma anche i nostri cari – ed essere irresponsabili nei nostri comportamenti è egoismo nei loro confronti. Il nostro corpo è anche il corpo dei nostri genitori e dei nostri antenati, la loro stessa carne, e qualunque cosa facciamo di esso la stiamo facendo anche a loro e con loro.
Tutte queste cose sono incomprensibili a coloro il cui occhio è solo volto verso il basso, verso la terra. Chi guarda la terra si incatena al fango e ad esso appartiene. Bisogna essere più ambiziosi e guardare in alto, al cielo, e abbandonare i pesi e le catene del senso che ci legano con tanti inganni. È solo in tale ottica che lo spirito diventa forte, diventa luminoso, e che il corpo si svuota per ospitare lo spirito di Dio con le sue luci e le sue verità. Saremo sempre tentati, finché il leone ruggente che vuole la nostra rovina ci girerà attorno in questo mondo. Avremo sempre desideri, passioni e tentazioni. Cedere ad esse non è naturale o inevitabile, è debolezza; è scegliere la strada in discesa, la porta ampia e spaziosa che conduce alla rovina. Non illudiamoci di essere fatti in un certo modo, e di non poter cambiare. È un pensiero folle e pericoloso. Noi siamo diamanti grezzi, e sta alla nostra volontà fare di noi una gemma pulita, ordinata, luminosa; un fiore che sta nelle mani degli angeli, e il cui profumo è gloria in eterno. Siamo su questa terra apposta per cambiare e diventare perfetti, come Dio è perfetto.

domenica 10 novembre 2013

La Prima Legge

Da un po' non scrivo di politica, attualità, economia. La voglia di scriverne certo ritornerà, ma quanto più si fissano gli occhi sul vasto e meraviglioso mondo dello spirito, tanto meno interessante sembra questo mondo così pesante, appesantito di materia e di piccole o grandi miserie. Scrivere dell’attuale politica italiana, ma anche globale, mi sembra come parlare di cronaca sportiva o di intrattenimento, piuttosto che di cose vere, utili, interessanti. Così non sarebbe se qualcuno veramente mettesse lo spirito e la fede in politica, ma per il momento così non è - e quindi continuo a parlare del mondo dello spirito, perché quando vengono certe intuizioni spirituali esse vanno seguite, e queste luci che mi si sono accese da ieri hanno bisogno di essere condivise e messe per iscritto.
Vorrei parlare della ragione per cui è giusto, meravoglioso e necessario amare Dio sopra ogni cosa, più di ogni cosa, e prima di ogni cosa. Amore è una parola così inflazionata e ambigua, che va usata con una certa cautela. Amore ha assunto il significato assai terreno di desiderio, passione, una forza che sprigiona da un individuo per legarlo ad un altro. L’amore cristiano, invece, ha il significato di carità, di abnegazione, di sacrificio, di nostalgia: tenere in minimo conto noi stessi, per il bene degli altri; e nostalgia perché ci è dolce l’attesa della ricompensa futura e della riunione in cielo degli affetti terreni.
Quando si discute in termini umani del fatto che Dio vada amato sopra ogni cosa, chi non crede – ma anche molti che credono – hanno difficoltà a comprendere o condividere tale pensiero. Amare l’Invisibile, l’Indiscernibile, sarebbe una sorta di follia. Bisognerebbe prima amare le creature, gli uomini in particolare, e poi forse riuscire ad avvicinare la mente a Dio e portare gli affetti verso le Sue sfere. Nasce un problema, però: non riusciamo, con i nostri mezzi, ad amare le creature. Amiamo naturalmente e spontaneamente i nostri amici, i nostri famigliari, le brave persone che incontriamo. Le amiamo spesso nel senso che non litighiamo, che ci divertiamo insieme, che ci aiutiamo occasionalmente. Ma stiamo parlando di amore, dell’amore che porta al sacrificio di noi stessi per gli amici? Stiamo parlando di carità, per cui quando giunge il momento del bisogno siamo pronti a fare tutto il possibile per questi nostri cari? Spesso anche in piccole famiglie manca vera unione o vero affetto, e quello che c’è è solo lieve o di circostanza.
Chi giunge a predicare le lettere e l’educazione come forma di crescita morale umana, e come unica risorsa laica di amore per tutti gli uomini, parla di un amore astratto che mai viene poi praticato. Si può piangere e commiserare la triste sorte delle umane genti quando le lettere ce la insegnano, e comprendere che l’uomo va compatito per la sua condizione; e poiché vivere è soffrire, tutti vanno rispettati e trattati con gentilezza. Tutto vero, ma è una visione che si ferma ad un po’ di rispetto, ad un po’ di aiuto, e soprattutto una visione che i maestri intellettuali desiderano suscitare negli altri nel labile desiderio che prima o poi si avveri, perché loro stessi fanno fatica a praticarla. È inoltre una visione disperata, perché si ferma ai confini terreni della morte umana, e non abbraccia l’ampiezza salvifica della vita oltre la morte. Abbiamo mai visto qualcuno animato da laici affetti terreni, che non crede alla vita dello spirito, rinunciare alla propria vita e consegnarsi al nulla per il bene degli altri? No, è impossibile. Se alcuni che non hanno fede bramano la morte, è perché trovano la vita insostenibile, terribile senza la luce di Dio, ma non si è visto alcuno che si sacrifichi per il bene degli altri senza tornaconto personale. In sostanza, anche se accompagnato da tutta la buona volontà, un amore vero e profondo per il prossimo non può nascere dagli uomini stessi, ma ha bisogno di qualcosa di più.
Amare Dio sopra ogni altra cosa vuol dire amarlo come Padre e Madre, come Marito e Moglie, Figlio e Figlia, Fratello e Sorella, Parente, Amico. Vuol dire amarlo con ogni forma di onesto amore che abita nel nostro cuore. Vuol dire riconoscerlo come Colui che ci ha creati, che ci ha pensati, che ci ha voluto dare quello che Lui ha, e che ci vuole con Lui e come Lui. Colui che ha dato se stesso, mortificato se stesso, sacrificato se stesso per invitarci ad una reggia eterna. Colui che è sinonimo di ogni virtù e bellezza a cui il nostro limitato pensiero può arrivare. Quante sorprese avremo quando gli occhi dello spirito si dischiuderanno completamente!
Quando amiamo Dio, non possiamo che amare tutto ciò che Dio ha creato, perché è giusto e buono. Non possiamo che vedere Dio in ogni persona, specie in quelle più bisognose. Ogni uomo è creato nell’immagine spirituale di Dio, perciò Dio è davvero nel Padre e nella Madre, nei figli, nei consorti, negli amici e in tutti gli uomini. Vediamo la generosità e la sapienza di Dio anche nelle piante e negli animali, di cui disponiamo così liberamente e spesso ingratamente. Vediamo anche come tutti gli uomini siano chiamati ad un comune destino, che non è la morte, ma la vita eterna – ed essa può essere di eterna gioia o di eterno rimpianto. E basta questo pensiero ad accendere un fuoco d’amore verso tutti gli uomini per risvegliarli alla Luce di Dio, perché non vi è gelosia della ricompensa in cui speriamo, ma solo il desiderio che da tutti possa essere condivisa.

domenica 27 ottobre 2013

Perdono

Cosa strana è il perdono! Come il sacrificio, come il digiuno, come la preghiera, è un concetto molto strano per la mente dell’uomo moderno e dei giovani in particolare, a cui pochi lo spiegano.
Il perdono è uno di quegli strumenti cristiani che combattono il mondo. Se il mondo dice: “Godi!”, la fede risponde: “Sacrificati, affinché dal tuo seme che muore nasca una pianta”. Se il mondo dice: “Consuma, e accumula!”, la fede risponde: “Digiuna, controllati e vivi con moderazione”. Se il mondo dice: “Divertiti al massimo nel tempo che hai”, la fede ribatte: “Prega e fai amicizia con Dio, che ben più è il tempo che passerai con Lui di quello su questa Terra”. Se il mondo dice: “Odia chi ti fa del male, e vendicati”, la fede dice: “Perdona, e converti le anime alla luce”.
Molti liquidano il perdono come un’idealismo fuori dalla realtà, ed è vero: il perdono non fa parte delle leggi di questo mondo. E porta fuori dal mondo chi lo esercita, perché lo porta molto vicino a Dio.
C’è chi crede che il perdono sia sintomo di debolezza: solo i codardi non ripagano l’offesa con l’offesa. Ma anche le bestie sono capaci di combattere e mordersi tra di loro; non sono però esse in grado di perdonare. Il Nemico infatti, che ci vorrebbe degradati come bruti, odia il perdono, perché ci rende simili a dèi. Il perdono, e cioè l’accettare nel proprio cuore un’offesa, un insulto, un danno, un’umiliazione, una ferita di qualsiasi tipo, senza tuttavia restituire il male, ma accettandolo e offrendolo a Dio, col sorriso sulle labbra, è l’esercizio di una forza eroica.
Il male vive autoriproducendosi. Chi esercita il male, anche inconsciamente, si aspetta di vedere il male propagarsi, ritorcersi verso di lui; si aspetta da un’azione la stessa reazione uguale e contraria. Il male è come una catena che si solleva e si abbatte, scuotendo la terra, suscitando vibrazioni malefiche. Il perdono vince il male, perché spezza la catena, spezza il circolo vizioso, ne arresta l’espansione. Anzi, oltre ad arrestarne l’espansione, lo ricaccia indietro, perché solo grazie all’esempio di chi rende il bene al male ricevuto, coloro che operano il male possono risvegliarsi alla luce. A volte, troppe poche volte, restiamo sorpresi dalla carica umana di certe persone che non se la prendono, non tengono in conto il male ricevuto, o soffrono in silenzio senza lamentarsi pur essendo stati pesantemente provati dalla vita. Sono questi esempi che fanno cadere dagli occhi le croste della superbia, dell’amor proprio, dei desideri vani, della sensualità, e ci avvicinano al bene.
Il perdono, oltre a tutto, fa stare bene, perché nasce dall’amore. Non si può perdonare se non si amano le altre persone attraverso Dio, nella consapevolezza che Dio ha creato i fratelli e desidera la loro salvezza; per cui è dovere di ciascuno di noi mantenere il cuore nella luce e accendere fiaccole che avvicinino le anime. La pace nel cuore è cosa assai migliore dello sconforto, del turbamento, dell’odio. E perdonare è facile, così come molte altre cose che sono difficili in termini umani e materiali, ma semplici e soavi se fatte cristianamente, perché ne comprendiamo il senso spirituale. Il Cristo è stata la Vittima per eccellenza, Colui che più di ogni altro ha spezzato e vinto la catena del male, subendone il colpo e invocando perdono per chi Lo colpiva. Questo Dio vuole da noi, che anche noi ci offriamo come vittime, barriere su cui si possa infrangere l’onda del male, perché non prevarichi e sommerga il mondo. Quale ricompensa avrà mai preparato il Re nel suo regno per colui che spende la propria vita in questo servizio?

domenica 20 ottobre 2013

Le vie del Cuore

Pensare o sentire? A volte ci si chiede se sia più giusto dare retta alla testa o al cuore. Abbiamo in effetti due grandi bussole, la ragione e il sentimento, e molto spesso una sembra escludere l’altra. Al giorno d’oggi, poiché nulla di autentico o innocente sembra essere in circolazione, siamo più propensi a seguire qualunque cosa sgorghi dal cuore. Molti saggi ci dicono che per esprimere al massimo il nostro potenziale dobbiamo semplicemente lasciarci andare, che non dobbiamo reprimere i nostri istinti, ma anzi dobbiamo fare tutto ciò che ci piace, che ci appassiona, che ci dà emozione. Il cuore è caldo, la mente è fredda. La mente è quella cosa che usano i vecchi o gli sfigati, quelli che non vivono veramente, ma che stanno fermi e pensano a chissà cosa. L’importante dovrebbe essere vivere intensamente, gioiosamente, autenticamente, provare, cercare, seguire le inclinazioni del cuore per arrivare a dischiudere quel nucleo puro, primitivo, dell’io. Meta della felicità spirituale.
Purtroppo verità e menzogna sono sempre mescolate nella vita quotidiana, e quanto è facile a un po’ di menzogna rovinare la verità. La verità è che mente e cuore non si oppongono, o quantomeno non dovrebbero opporsi. Che dal cuore non vengono solo istinti e intuizioni positive, ma anche molte inclinazioni negative: i desideri errati, le concupiscenze, le ire. Gli istinti sgorgano sì dal cuore, ma sta alla mente comprenderli e validarli, perché alcuni sono suggeriti dal bene, altri dal male. Esiste poi un terzo fattore, il più importante, e cioè il vero io: la volontà. Una volta che il cuore genera, e la mente valuta, la volontà poi decide. Noi siamo volontà, libera volontà: questo è il nostro essere. Il cuore produce, la mente filtra, la volontà agisce. Ma non finisce qui.
Le nostre scelte impattano il cuore. Infatti quando scegliamo bene, anche il cuore ne esulta, e la mente contempla questa gioia, e ne gioisce anch’essa. E rafforza il proposito della volontà di scegliere bene in futuro. Il nostro essere è “completo”, o felice, quando cuore, mente e volontà sono allineati e in armonia.
Non pensiamo paganamente che la felicità, o la pienezza dell’essere, siano da ricercare per ottenere il successo o altre forme di appagamento terreno. La felicità è condizione semplice dell’uomo, è pura, genuina. Si è felici quando si è in pace con se stessi, quando per molto tempo ci si è irrobustiti nel fare le scelte giuste. Scelte che possono condurci alla povertà, alle privazioni, anche a sofferenze e grossi sacrifici, ma che pur sembrando maledizioni agli occhi di questo mondo, sono in realtà pace vera dello spirito e premessa della gioia futura.
E come distinguere le inclinazioni buone del cuore da quelle cattive? Le buone portano pace, non feriscono nessuno. Esse sono quelle che spesso vanno contro il nostro amor proprio, contro il nostro vantaggio, ma a vantaggio degli altri. Quelle che si prefiggono un fine buono, e che soprattutto hanno il respiro dell’eternità, piuttosto che tendere a un risultato facile e passeggero. Sono quelle che generalmente costano sforzo e sacrificio. Ricordiamoci che per raggiungere la felicità si passa attraverso una porta stretta. Ma quanta felicità, oltre quella porta!

domenica 6 ottobre 2013

Conoscere il futuro

Uno dei tanti desideri poco sani che abitano il cuore degli uomini è quello di conoscere il futuro. Sapere cosa accadrà è potere, è vantaggio sugli altri, è soprattutto balsamo alla paura e all’incertezza di quello che di male può capitarci. Non a caso proliferano veggenti, cartomanti, lettori di ogni tipo di augurio. Come il desiderio di proiettare in avanti senza limite o morale le frontiere della ricerca scientifica, alla ricerca di un’umana immortalità, il desiderio di conoscere il futuro è volontà dell’uomo che ancora mangia avidamente del frutto dell’albero proibito.
Conoscere il futuro vuol dire toglierci la responsabilità delle nostre azioni nel presente. Vuol dire escludere il nostro libero arbitrio. Vuol dire anche negare Dio come nostro Padre, perché non ci affidiamo più a Lui come figli, sicuri che Lui ci darà sempre ciò di cui abbiamo bisogno, ma ce ne allontaniamo, credendo in altre cose che sono pagane e spesso diaboliche. Prendiamo cioè in mano il nostro destino, volendo fare da noi, credendoci così superiori a Dio stesso.
Se con un telefono chiamiamo qualcuno, dovremmo sapere senza dubbio chi c’è dall’altra parte della linea. Ma quando gli uomini si rivolgono a esperti che possono predire il futuro o interpellare spiriti per saperlo, chi c’è dall’altra parte? È sempre il Nemico, che della paura o disperazione se ne approfitta per rendere gli uomini schiavi. Anche quando il suo servitore ci dice cose belle, suadenti, che suonano di grande conforto, ma che in realtà sono come il verme sull’amo, un’esca per portarci in trappola. Una volta morso il frutto dell’albero proibito, è così facile ricaderci sempre di più, finché non si è completamente presi nella rete tesa apposta per farci perdere.
L’unica predizione certa del futuro è questa: che il nostro tempo sulla Terra un giorno finirà. Che senso ha vivere di illusioni? Questa è l’unica certezza. Accettiamo la nostra natura, e traiamo conforto all’idea che le nostre pene finiranno. Viviamo per apprezzare ogni istante del presente, con serenità, con pace, con la compagnia di affetti sinceri. Facciamo quel che possiamo per essere fieri di noi stessi ogni volta che ci corichiamo per la notte. E forse così facendo troveremo la strada al vero futuro, quello che non finisce mai, e che non conosce sofferenza.