martedì 8 gennaio 2013

Educazione e intelligenza

Ho letto con interesse un articolo sul blog del Prof. Satoshi Kanazawa, a proposito di educazione e intelligenza, tratto dal suo nuovo libro “The Intelligence Paradox”. La tesi è che educazione e intelligenza sono connesse, ma non nel modo in cui vorremmo comunemente credere.
In politica si pone un’enfasi quasi miracolistica sul fatto che l’educazione sia cosa fondamentale e che vada garantita nel modo più ampio e pervasivo. Questo vale per lo più per le sinistre occidentali, che vedono nell’educazione il modo migliore per trasformare poveri in ricchi, grazie al nutrimento emancipante della cultura; e condannano quelle destre che invece vogliono privatizzare l’educazione, creando una dicotomia tra scuole di eccellenza per ricchi e scuole pubbliche disastrate per i poveri. Il concetto, oltre ad essere offensivo nei confronti degli insegnanti delle scuole pubbliche, andrebbe rivisto nell’ottica della gestione delle scuole statali. Se il sistema non funziona, in parte sarà a causa della scarsità di fondi (cosa che limita supporti fisici/multimediali o attività extra curricolari e sportive) ma per lo più è dovuto all’amministrazione delle scuole pubbliche: processi di formazione e selezione degli insegnanti, abbattimento degli sprechi, implementazione di una disciplina rigorosa, capacità di licenziare e assumere docenti in modo autonomo piuttosto che tramite classifiche, burocrazia. Di fatto, incapacità di attrarre e selezionare gli insegnanti migliori.
La realtà quasi mai portata alla luce è che l’educazione, così come le idee e tutto ciò che pertiene la mente, può essere offerta, ma non può mai essere imposta. Ci possono essere i migliori docenti, le risorse più avanzate, corsi ad hoc e insegnate privato, ma se uno non vuole o non riesce ad accogliere l’offerta formativa, essa è inutile a prescindere da quanto essa possa valere.
Uno che ha afferrato rapidamente questo concetto, avendolo vissuto in prima persona, è il Prof. Thomas Sowell di Stanford. Uomo di colore e di poverissima famiglia, è uno dei geni del nostro tempo ed è arrivato ad essere professore studiando praticamente da solo e andando poi avanti per merito. È lui a dire che “molto spesso l’educazione è un costoso isolamento dalla realtà”. In modo simile, si è espresso contro l’adozione in politica o nell’amministrazione pubblica di “quote” di minoranza (rosa, nere, arcobaleno ecc…), per il fatto che una persona dovrebbe essere selezionata solamente in base al merito, non a pretese necessità sovrastrutturali. Cosa in sè assolutamente logica, anche se tendiamo sempre più a ignorarla.
Tornando al Prof. Kanazawa, la tesi che argomenta è che l’intelligenza ha una base genetica, ed è molto difficile se non impossibile aumentarla. Le persone non si stupiscono che genitori biondi tendano a procreare figli biondi. In base a che logica si dovrebbe trattare l’intelligenza in modo diverso? Non è l’educazione che aumenta l’intelligenza, ma è l’esatto contrario: persone intelligenti vorranno imparare di più. L’educazione non è una medicina che puoi costringere qualcuno a ingoiare, rendendolo più brillante. La famiglia ha certamente un impatto sull’intelligenza dei figli durante l’infanzia, ma lo studio di Kanazawa ne limita drasticamente l’impatto (cosiddetto “ambientale”). L’intelligenza di una persona a 11 anni è sostanzialmente identica a quella della stessa persona a 80 anni, a prescindere da quanti migliaia di euro vengano spesi in educazione al liceo e all’università.
Accolgo con piacere la tesi di Kanazawa, riscontrando che il miraggio dell’intelligenza è un altro strumento di buonismo nel cassetto policamente corretto dei nostri politici, assetati di voti e di nuovi modi per adulare la platea.

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