mercoledì 27 aprile 2011

La sapienza degli Alberi

Sono silenziosi, gli Alberi,
il vento li scuote e li piega, ma non riesce a strapparli via.
Essi accettano tutto quello che viene dal cielo,
la piggia e il sole, la neve e la grandine.
Sono gentili, gli Alberi,
essi ospitano gli uccelli del cielo.
Sono utili, gli Alberi,
distribuiscono gratuitamente i loro frutti.
Da quando nascono, da quando sono seme
e poi radice, germoglio, pianticella
sempre crescono guardando in alto
come dita puntate al cielo,
si nutrono della terra
ma al cielo desiderano appartenere.

Vita

Come non amare la Vita, questa gemma di luce che abbiamo nel cuore; questa scintilla, fiamma debole e tremolante, ma che sempre riscalda. La vita è crescita, è fiorire, è mutare, è andare avanti. E’ un mare infinito di possibilità, di strade, di scelte – e un intricato arazzo di relazioni con altre vite, altri esseri.
E’ curioso riflettere sulla nostra percezione del valore della vita: come la vita di un uomo abbia più valore della vita di un animale, o come la vita di un bambino abbia più valore di quella di un anziano; o come la vita di un gruppo di persone abbia più valore della vita di un singolo. Questo perchè abbiamo dentro di noi la consapevolezza del potere racchiuso nella vita umana, nelle cose grandi che l’uomo può fare rispetto alle altre forme di vita, del fatto che un bambino può portare la consapevolezza e lo spirito del genere umano più lontano nel tempo rispetto ad un anziano. La Vita è tempo; il tempo a disposizione di un individuo, e sta ad esso farne buon uso. Per questo anche il gruppo viene prima del singolo, perché il gruppo ha collettivamente più tempo e più possibilità rispetto al singolo per compiere la missione umana.
La missione umana, cosa che ci suona familiare, quasi ancestrale, e seppure indefinibile essa è sepolta in qualche anfratto del nostro cuore.
L’uomo avanza a tentoni nella Storia per compiere la sua missione, ostacolato naturalmente dalla curiosa brevità della vita umana. Ogni generazione è come una tabula rasa, che riparte da zero, riscoprendo sempre per la prima volta le sfaccettature della vita, imparando a vivere e a orientarsi nella giungla del mondo. Un uomo che non è mai naturalmente portato a pensare col respiro dell’eternità, ma che si perde subito nella concretezza del presente. Un uomo che paradossalmente non ha una coscienza vigile della sua mortalità, o nemmeno se ne cura, ma non per questo pensa con la prospettiva dell’infinito, ma sempre “naviga a vista”, come intrappolato nella tela della sua stessa esistenza, e per questo meno propenso a valorizzare la vita nel suo pieno dispiegamento.

giovedì 17 febbraio 2011

Gli occhi dello spirito

Come spiegare questa magia, questo gioco dell’universo: i nostri desideri che si avverano… Più che di desideri, si tratta di ciò in cui speriamo, delle cose su cui ci fermiamo a pensare, e verso cui ci orientiamo – quasi al punto in cui il presente sembra risucchiarci verso di esse. Sono come preghiere che per qualche strano miracolo l’universo coglie intorno a noi, e lentamente tutto predispone in mille piccoli passi affinché esse si realizzino. Sembra quasi che il nostro pensiero non sia così intangibile, così irreale come a volte crediamo; il nostro pensiero in qualche modo emana da noi e ricopre la realtà, non si limita a sfiorarla, ma la influenza, la amplifica e la completa. Pensieri, desideri, preghiere… l’attività del nostro spirito, del nostro essere, la luce o l’ombra che esce da noi. E ciò accade solo se ci disponiamo con serena spensieratezza, se ci abbandoniamo all'Essere con la fiducia degli infanti.
Siamo davvero ingenui, perduti nel nostro vivere sensibile. Crediamo in ciò che vediamo, ritenendolo oggettivo, validato sul piano sensoriale ed empirico, e quindi uguale per tutti e vero. Ma noi non vediamo solo cose, oggetti singoli, catalogati e indipendenti; vediamo situazioni, scenari, possibilità, interazione tra le cose. Vediamo il futuro delle cose, il loro poter e dover essere. Ciò che noi crediamo di vedere coi nostri occhi, vediamo in realtà con lo spirito, e lo spirito interviene già su queste cose prima ancora che lo facciano le nostre mani. Per questo se i nostri occhi sono nella luce, tutto il nostro essere è nella luce, e con esso illuminiamo anche ciò che sta attorno a noi: perché la realtà e l’uso che noi facciamo di essa, sono unicamente espressione del nostro spirito.

domenica 5 dicembre 2010

Pensieri

Ho visto le generazioni degli uomini, le perle degli anni
Come gocce di pioggia cadute nel mare
Come sorgenti, tuffarsi nel fiume
Ho visto il vento attraversare i boschi nella notte
Accarezzare l’erba nei prati
Sentivo il respiro della luna, e delle creature sotto di essa
Prima che un bagliore sfiorasse le cime dei colli
Mi sono risvegliato nella luce per lunghissimi anni
Quando abitavo la casa sulla collina
E il mio spirito avvolgeva la valle, sopra di essa aleggiava come un custode fedele.

venerdì 20 agosto 2010

Vincere il mondo


Uno dei doni e dei poteri più grandi che l'uomo abbia è il pensiero. Se infatti il mondo esterno ci è davanti agli occhi ed "esiste" come realtà concreta, in un certo senso statica o inerziale, il nostro pensiero supera la realtà e la elabora, la ricrea, la plasma in nuove forme, la arricchisce di dettagli, la moltiplica. L'uomo nel suo pensiero rende il mondo infinito, lo espande, e in un certo senso lo ricomprende e lo ingloba portandolo dentro di sé. L'uomo ha il potere di superare e cambiare il mondo. Questo è l'idealismo.
Adesso un po' di domande: si può cambiare il mondo? Si può cambiare se stessi? Si può essere perfetti? Il mondo è bianco, nero o grigio? Il lavoro è un'opportunità o una sventura? Sacrificio: valore o mito? Purtroppo non possiamo fare salti indietro nel tempo, ma sarebbe estremamente interessante fare questo sondaggio agli uomini di oggi, 50, 100, 300, 500 anni fa, e vedere come variano i risultati.
Oggi crediamo fermamente che il mondo sia grigio, che forse si può cambiare ma molto lentamente, e in generale le persone non cambiano, ma anzi "nascono così" (buone o cattive, intelligenti o stupide, atei o credenti, gay o etero, fedeli o infedeli, eccetera) sottintendendo che così dovrebbero rimanere fino alla morte. Anzi, è sempre più importante "essere se stessi" e approfondire le proprie spigolosità, per distinguersi dagli altri, per essere folli a modo nostro, per ottenere successo dalla vita rimuovendo qualsiasi freno specialmente mentale o morale che per varie ragioni possiamo avere. Il lavoro è un male necessario per consentirci di vivere il meglio possibile, faticando il meno possibile.
Invece possiamo cambiare, e abbiamo il dovere di ricercare la perfezione in tutto. Quante cosa potremmo imparare, e quanto di noi possiamo migliorare?
L'uomo non è di questo mondo, e prova di ciò è in questo dono che esso ha. Nel mondo i sassi rotolano dal monte fino a valle, ma l'uomo ha il potere di raccogliere il sasso e riportarlo in cima al monte, se lo desidera. In un universo di entropia e disordine, l'uomo con lavoro e fatica può dare ordine al caos. Deve solo volerlo, e cioè compiere una scelta.
Il mondo è oggi certamente grigio, ma l'uomo ha il potere di separare il nero dal bianco, e di schiarire il grigio di questo mondo. Può tirare la corda da una parte o dall'altra, o non tirarla affatto - questa è la sua scelta. Il grigio è comodo, tranquillizzante, moderato, specialmente se restiamo incrostati nell'idea che non si possa vivere diversamente.
Tuttavia ci sono scelte nobili, coraggiose, difficili; modi di essere improntati a regole e principi dimenticati; volontà che si sottraggono al bombardamento di esempi negativi del mondo moderno. Per cui mi sembra lecito affermare che ciascuno di noi è esattamente ciò che vuole essere. Il risultato di idee a cui si è aggrappato, idee che per lo più vengono dall'esterno piuttosto che dalla nostra logica, costruendo progressivamente un'identità che è tuttavia questo: costruzione. E le costruzioni possono essere ristrutturate, abbattute e riedificate.
Se la volontà di cambiare se stessi e il mondo è vera, tanto vera che si è disposti a sforzarsi e a perseverare pur di realizzare il sogno che abita nei nostri pensieri, il miracolo è già compiuto.

giovedì 19 agosto 2010

Il tramonto degli eroi


Il 10 maggio 2010 ci ha lasciati Frank Frazetta. Nome sconosciuto ai più, ma assai più conosciuti sono i suoi dipinti che da decenni continuano ad essere utilizzati come illustrazioni e copertine di libri del genere fantastico. Un genio impressionante e insuperato, i suoi quadri hanno il respiro degli anni in cui l'Occidente era felice e giovane, spensierato e fiero della propria forza. La vitalità dei suoi personaggi è ineguagliata, così come la sua comprensione quasi spirituale di culture e simboli ancestrali, e la nostalgia di un passato e di un futuro ideali nella loro purezza. I suoi uomini sono tutti eroi, le sue donne sono principesse da conquistare, i suoi nemici sono esseri malefici da sconfiggere a qualsiasi costo.
Come per i suoi personaggi, la sua è una storia di valore e coraggio. Quando nel 2000, all'età di 72 anni, perse in seguito ad un ictus l'uso della mano destra con cui dipingeva, imparò a dipingere con medesimo successo usando la sinistra.
"What I do is create images, period." Così descriveva il suo lavoro, ed era vero - lui "creava" immagini, cose che non c'erano, e in quelle immagini c'era tutto un mondo perfettamente articolato e palpabilmente vivo. Le sue immagini sono fotografie di altri mondi e di altri tempi, ma veri, completi e reali come il nostro. Come nessun altro artista i suoi quadri non evocano solamente stupore, meraviglia per il soggetto extra-ordinario, ma destano ricordi e nostalgia. Sembra che le sue immagini parlino di fatti avvenuti, vicini a noi, dietro la porta di un passato o di un futuro non distanti. Sono fatti che ci riguardano e che vorremmo vivere o rivivere in prima persona, e che ci chiamano dentro il dipinto. Sono immagini di mondi e creature di sconcertante bellezza e virtù, che sempre più contrastano con lo spirito cinico e ingrigito del nostro mondo moderno. Frank Frazetta non poteva lasciarci più di quanto ci abbia lasciato.

martedì 1 giugno 2010

Terapia

Si è parlato qualche tempo fa della mancanza di responsabilità della nostra gente, e in particolare della mancanza di voglia o di coraggio di assumersi responsabilità. Credo che le cause di questo problema siano di triplice natura:
1) cause strettamente culturali e connesse ad una certa rilassatezza del nostro Paese, specie in campo lavorativo: non assumersi responsabilità è facile, e se possiamo evitarlo saremo propensi a cogliere l'occasione (particolarmente se tale pratica è diffusa)
2) classe politica: una classe che ha viziato e strapagato il consenso elettorale dei suoi cittadini, educandoli al benessere dei diritti senza doveri ed alla "necessità" di una macchina burocratica pervasiva in grado di svolgere qualsiasi mansione
3) magistratura: un potere sgocciolante e autoreferenziale, lento e impacciato nell'agire, che dà la percezione di non punire chi andrebbe punito ma d'incancrenirsi su facezie con zero flessibilità e poco buon senso. Se la polizia non può agire con fermezza perché sente il peso della mannaia giudiziaria; se il cittadino non ha un diritto forte all'autodifesa all'interno della sua proprietà privata; se un medico rischia una causa ogni qualvolta il risultato del suo intervento non è soddisfacente: conviene non assumersi responsabilità.
Eco a tutto ciò è poi il lavoro della stampa, che troppe volte sembra agire in modo puramente spettacolare e opportunistico, creando divisione e scandalo anche dove non ce ne sarebbe bisogno. Ciò non vuol dire che la libertà di stampa debba essere limitata, ma solo che i giornalisti dovrebbero essere intellettualmente più onesti e meno sensazionalisti.
Può sembrare antiquato, ma la propaganda da parte del Governo con i mezzi di informazione (in particolare quelli pubblici) dovrebbe essere usata in modo più massiccio per educare la gente ad una sensibilità diversa. Propaganda suona molto male in un paese che ha vissuto una dittatura, chiamiamola allora pubblicità; ma non è forse dovere del Governo educare i cittadini a certi principi fondativi?
La classe politica inoltre dovrebbe prendere coraggio ed essere orgogliosa di compiere scelte impopolari; perché il nostro popolo, nonostante sia lazzarone, rimane un popolo che ammira leadership e coraggio, valori che quasi lo turbano (data la loro quasi totale assenza negli ultimi decenni) e di cui ha bisogno come una pecora del pastore. Un popolo che, abituato a sputare nel piatto in cui mangia, disprezza immediatamente una classe politica viscida che si prostituisce nell'adularlo a qualsiasi costo. L'italiano è un popolo che sa ingoiare la pillola se gli vengono date valide motivazioni per farlo, e la politica deve avere il coraggio di dire al popolo che si deve svegliare, che deve sognare e ritrovare la speranza nel futuro. Deve dire al popolo che il vecchio Stato ha fallito, e che la risposta sono i cittadini - e al contempo promuovere iniziative che restituiscano nobiltà al lavoro statale e facciano sentire giustamente premiato chi compie il proprio dovere.
E la magistratura va riformata: processo breve, separazione delle carriere, responsabilità dei giudici, minore mediaticità dei processi, e soprattutto un orientamento (perché le leggi sempre s'interpretano) al buon senso e alla responsabilizzazione dei cittadini.