domenica 6 settembre 2009

La battaglia del nostro tempo

Negli ultimi anni il mondo ha subito un’accelerazione strana, come una brusca virata rispetto al suo corso naturale. Le forze dell’Occidente sono tese ad un miglioramento spasmodico del benessere, mentre le forze più sfilacciate ma numerose dell’Oriente sono alla rincorsa dell’Occidente e prendono coscienza del loro potere ogni istante che passa. Il rimescolio di popoli, culture, ricchezza, povertà, fedi ed usanze ha messo gli uomini sempre più vicini, ma mai così lontani. Ha separato i simili, avvicinando le diversità, mettendo alla prova il cuore e lo spirito di molti, aumentando le cose da imparare, rendendo più difficile la ricerca della tranquillità e della vita semplice. Che idea approssimativa e vaga hanno giovani e anziani del prossimo futuro? Chi pensa che il futuro potrà essere molto meglio del presente?
L’ultima parte del XIX secolo e la prima metà del XX sono state caratterizzate da entusiasmo, crescita, curiosità. Lo sviluppo non è stato solo economico, ma sociale, ideale. L’uomo ha riscoperto la scienza e ne ha fatto un baluardo inscalfibile, attribuendo al carattere “scientifico” ogni forma di progresso umano. Eravamo come bambini, che si avvicinano ad una pentola sul fuoco. Con curiosità, abbiamo aperto la pentola della scienza, e l’abbiamo trovata piena di guai. Tutte le più grandi tragedie del XX secolo sono state scientifiche: il razzismo scientifico, il socialismo scientifico, la guerra scientifica. Dall’ottimismo positivista verso la scienza, l’ombra della nostra mente si è spostata verso la cautela, per una scienza che è lama a doppio taglio. Per un progresso che è lama a doppio taglio, e si paga a spese dell’ambiente, delle risorse, dei più poveri, e che nonostante tutto afferriamo tappandoci il naso, finché dura.
E arriviamo in un mondo in cui nessuno desidera rinunciare più a niente. L’Occidente non vuole e non può cambiare stile di vita, l’Oriente non può che inseguirlo. Quale sarà, e dove si combatterà, la battaglia del nostro tempo? In Iran? In India? In Cina? Già si combatte la battaglia nel cuore dell’uomo, in ogni momento, per resistere ai nuovi fantasmi. La vita è rimasta tuttavia sempre la stessa, costruire cose semplicissime in un mondo che è sempre meno adatto per crescere e costruire.

mercoledì 19 agosto 2009

Gli anelli che uniscono

Credo si possa validamente argomentare che l’omogeneità di una comunità si costituisce dal legame tra terra, lingua, religione e tradizione. Nel momento in cui tutti questi elementi sono condivisi la coesione della comunità è massima, con i seguenti benefici: 1) tranquillità e pace sociale; 2) efficienza della comunicazione; 3) rete di sostegno reciproco. L’unica sfida che può rimanere ad una comunità che beneficia di una tale forza identitaria è quella economica: la crescita e l’espansione.
Queste realtà in Italia sono ormai assai poche, per lo più concentrate nei piccoli borghi e nelle campagne. Viceversa nelle città, come è facile appurare, la frammentazione esasperata e le sostanziali differenze – pur costituendo in grande misura opportunità di arricchimento personale – determinano l’isolamento e la separazione degli individui. La comunità non esiste più, si crea unicamente in piccoli sottoinsiemi volontari e associativi (parrocchie, club, circoli, bar). Chi non vi partecipa, è solo. E tale frammentazione porta inevitabilmente alla rottura di tutti i tre grandi vantaggi precedentemente menzionati: sicurezza, comunicazione, sostegno.
Per questo è particolarmente importante rafforzare i legami tra terra, lingua, religione e tradizione, e l’unico modo possibile è la spontanea volontà degli italiani. Nessun altro lo farà, certamente non lo Stato, se non sono i cittadini a promuoverlo.
Un elemento forte, un legame che passa tra gli anelli di terra, lingua e tradizione, è ad esempio il dialetto. Un piccolo elemento, debole, talmente debole che è in via d’estinzione, ma che se preservato può fare così tanto per rafforzare ciò che di bello e unico ci è stato lasciato in eredità.

mercoledì 5 agosto 2009

Bene e Male

Mi sono imbattuto in una definizione curiosa di ciò che è bene e ciò che è male. Una definizione che vuole essere scientifica, e desidera rispondere alle grandi domande “chi siamo, dove veniamo e dove andiamo”.
Basandosi sulla fisica teorica, possiamo prendere il Big Bang come punto d’inizio di un immenso processo di dispersione, evoluzione, aggregazione della materia, secondo ciò che i fisici chiamano “complessità crescente”. Atomi, molecole, cellule, esseri viventi, organizzazioni. Il concetto di complessità crescente è palese agli occhi di tutti noi che viviamo nel XXI secolo: mai il nostro modo di vita si è “sofisticato” così notevolmente e in così breve tempo.
Secondo questa visione, promossa da Gregory David Roberts nel suo libro Shantaram, l’universo sarebbe avviato verso l’Ultima Complessità, la complessità totale, ovvero il divino (“l’essere supremo”). E la conclusione è la seguente: ciò che spinge e facilita questo processo è bene, ciò che lo rallenta o lo ostacola è male. Secondo questo modo di intendere l’universo, il naturale principio evoluzionistico che investe la materia e gli esseri viventi sarebbe in sé buono, oltre che inarrestabile e ultimamente teso al raggiungimento del divino.
Per quanto tale visione possa essere interessante ed originale, mi trova completamente in disaccordo.
La legge che governa il mondo è sempre la legge della sopravvivenza, della forza, una legge che spinge ed invita a scegliere la via più facile, e che guarda esclusivamente al sé dell’individuo. Il Cristianesimo ci “salva” dal mondo, perché ci sottrae alla logica e alla legge del mondo. Non cerchiamo più la supremazia, non inseguiamo i desideri naturali del mondo, ma ci sacrifichiamo per gli altri, rinunciando a noi stessi. In questo senso la fede cristiana è una forza contraria all’entropia di questo mondo, è la forza conservatrice ed ordinatrice per eccellenza.
Se il Big Bang ha rappresentato una dispersione, un’uscita dall’unità e dall’armonia del divino (a cui possiamo pensare come la fuga degli angeli ribelli), piuttosto che cercare la dispersione totale, o la complessità totale, il cristiano cerca il ritorno alla sorgente, all’armonia, all’unità – e in questo senso si impegna contro il caos e la legge entropica del mondo.

sabato 18 luglio 2009

Virtù

C’è una profonda bellezza nelle cose semplici, una grande naturalezza che appaga lo spirito. Pensa al latte, a come è bianco e profumato. Pensa al pane, alle verdure, alla frutta, così semplici e così complete allo stesso tempo, ci danno le forze per vivere. Pensa all’acqua, che straordinario miracolo. Considera come queste cose abbiano virtù straordinarie di purezza, di realizzazione, di efficacia; virtù che nella loro semplicità sono difficili da ottenere anche per un essere così intelligente e cosciente di sè come l’uomo. Pensa all’uso che ne facciamo, anzi, pensa all’idea che hai di loro. Cose talmente semplici, talmente silenziose; strumenti che consumi in ogni momento senza pensiero, senza riconoscenza, senza che essi abbiano una loro identità – non c’è questa mela, che stai mangiando adesso, e che ha una sua storia e una sua crescita; ma ci sono le mele, non ha importanza quale, basta mangiarne. Ed esse rimangono nelle tue mani.
Quanta dignità, quanta nobiltà, e come passano inosservate. Così è per tante altre cose in natura, così è anche per l’uomo: una straordinaria bellezza, spontaneità, potenzialità; basta desiderarlo. Tutto in natura è già virtuoso; all’uomo è data la possibilità di decidere se esserlo.

domenica 5 luglio 2009

Futuro

E’ difficile guardare avanti e riuscire a prevedere come sarà il mondo nel futuro non troppo lontano, nei prossimi 50 – 100 anni. Possiamo solo farci un’idea della direzione verso cui si sta incamminando, elencando semplicemente le forze che attualmente lo attraversano.
Come prima cosa sottolinerei l’aumento della popolazione, principalmente in paesi poveri e meno sviluppati. Cosa mangerà il numero sempre crescente di poveri? Che migrazioni dovremo prevedere? Quale valvola di sfogo troverà la loro insoddisfazione, tanto più che da qualsiasi televisione possono rendersi conto di quale sia un presunto tenore di vita “occidentale”?
L’Occidente sta già subendo il primo colpo, quello dello svuotamento demografico, manifestando evidenti segnali di debolezza. E arriviamo al secondo elemento, la rottura degli assetti di potere: l’Occidente scende, mentre altre forze aggressive crescono. Sempre più paesi hanno o vogliono mettere le mani sull’atomica. Sempre meno paesi riconoscono l’autorità dell’ONU o rispettano gli Stati Uniti. L’economia comincia sempre più a gravitare verso i paesi emergenti, e gli armamenti rappresentano una delle prime voci di spesa dei bilanci nazionali.
Dal piano demografico, a quello economico, a quello sociale/ideologico. Per un numero sempre più rilevante di paesi i principi di democrazia, non aggressione, tutela dei diritti umani, rispetto verso le donne, hanno poco o zero valore. Se prima erano idee che potevano essere prese in considerazione in virtù dell’inequivocabile supremazia americana, ora anche questa soggezione psicologica sta venendo meno. Ancora peggio, mentre queste ideologie aggressive stanno prendendo sempre più forza nell’Oriente, l’Occidente è attraversato dalla peggiore crisi di identità e di autorità morale che si sia mai vista. La sua debolezza, oltre che economica, rimane soprattutto ideologica e spirituale: è un Occidente che non ha più un sogno, nessuna prospettiva di crescita se non tecnico/scientifica.
Quale soluzione ha l’Occidente per il suo futuro?

mercoledì 1 luglio 2009

Lettera a S.E. il Cardinal Martini

Eminenza, si parla spesso di una Chiesa rinnovata, una Chiesa al passo coi tempi che affronta con coraggio le sfide della modernità. Anche Sua Eminenza è spesso annoverato tra le voci più importanti e autorevoli che propongono tale visione. La mia domanda è la seguente: quanto può la Chiesa cambiare e rinnovarsi, traendo profitto per le anime, senza per questo necessariamente "inseguire" i tempi? Mi sembra infatti che certe aperture della Chiesa abbiano il sapore del compromesso, del politicamente corretto. Come se la profonda umiltà che attraversa la Chiesa si fosse trasformata in debolezza, in una volontà di "smussare" le verità più importanti, inequivocabili, e soprattutto difficili da trasmettere al mondo moderno: che la Via è una sola e non ce n'è un'altra; che oltre alla misericordia divina c'è anche la Sua giustizia; che il dialogo con le altre religioni è fondamentale, ma ancora più importante è non confermare tali religioni nell'errore, poiché nell'errore esse sono. Perché i compromessi sono possibili in questo mondo, ma nel mondo soprannaturale il grigio non esiste - ci sono solo il bianco e il nero, nella loro purezza.
Sua Eminenza non riscontra come me che nella Chiesa moderna tale problema esista - almeno come forte percezione? E non sarebbe terribilmente grave che la Chiesa si lasciasse scivolare in un errore del genere?

lunedì 29 giugno 2009

Libertà, libertà!

Mi viene spesso da pensare a questa sete di libertà che attraversa l'Occidente, al punto che le persone si definiscono liberali, liberal, liberisti, libertari. Si costituiscono anche in partiti detti "della libertà". Questo perché insita nell'uomo occidentale è l'idea che la vita sia confinata in stretti vincoli, soggetta ad autorità oppressive, per cui la libertà sia l'unica vera battaglia ideale che ci rimane per emanciparci, per raggiungere vere felicità, per realizzarci come uomini.
E' curioso che le nuove libertà perseguite dall'Occidente non siano per la prima volta immediatamente comprensibili a tutti i cittadini, non siano libertà "di larghe vedute". Libertà di parola, di associazione, di stampa sono libertà universalmente riconosciute, negate solo in regimi totalitari dove minoranze aggressive effettivamente opprimono i sentimenti del popolo, e lo fanno coscientemente per tutelare degli interessi di parte. Le libertà che oggi cerchiamo di raggiungere, invece, non sono limitate da oppressioni totalitarie o da gruppi di interessi privati. Aborto, eutanasia, adozioni gay, droga, divorzio ecclesiastico, eccetera eccetera. Sono libertà che lasciano perplessa una gran parte dei cittadini, i quali si trovano spesso contrari, e non a causa di lavaggi del cervello fatti da regimi oppressivi e dittatoriali. Sono libertà che molte coscienze ritengono licenziosità, perversione, scandalo, obbrobbrio. Sono libertà che non possono fregiarsi dell'universalità che è palesemente manifesta negli altri esempi - come nella libertà di parola o di associazione.
Mentre alcune libertà sono un diritto naturale, altre libertà hanno invece il sapore della seduzione. Libertà è sempre libertà "di fare", fare qualcosa in più, qualcosa che al momento non è nella gamma delle nostre possibilità. Libertà è quindi potere, possibilità, potenzialità. La sete di libertà che attraversa l'Occidente è soltanto il travestimento di una sconfinata sete di potere che è stata piantata e viene quotidianamente annaffiata nel cuore degli uomini.
Ancora di più dovrebbe far riflettere come il desiderio inestinguibile di libertà sia così accorato proprio nei paesi dove la libertà già abbonda, e non dove le libertà sono represse. A Teheran dove scorre il sangue sono altre le voci che vengono levate.