mercoledì 19 ottobre 2011

Eroi - Gilbert K. Chesterton


Più volte in passato mi ero imbattuto nel nome di Chesterton, ma per qualche ragione una strana pigrizia mentale mi ha come impedito di affrontarne il pensiero, fino ad un casuale incontro estivo. Un trafiletto di giornale, un articolo, qualche giorno di vacanza per casualità in Italia – è stata la proverbiale palla di neve che ha iniziato a rotolare creando una valanga. Raramente ho incontrato un pensiero così geniale, così semplice, e soprattutto così affamato di verità. Una genialità che è straordinaria, proprio perché non ha limiti – i limiti generalmente costituiti e autoimposti da una mentalità “laica”, nell’esatto senso che ha ormai assunto il termine e cioé atea-materialista.
Nella mia ancora modestissima conoscenza del suo pensiero, tre idee mi hanno particolarmente colpito. La prima è la sua celebre definizione della Tradizione come “democrazia dei morti”. In base a che cosa dovremmo stare ad ascoltare solo i vivi? I morti hanno più esperienza e più saggezza della gran parte dei vivi, e quindi maggior diritto ad indicare la strada verso il futuro e ad avere voce in capitolo su temi cruciali.
Il secondo pensiero fa parte della visione cristiana della vita: la felicità e la bellezza come cose fragili, leggere, come il vetro o il cristallo, che possono durare in eterno se sono protette, ma che una minima pressione può a mandare in frantumi. Il fatto che le virtù siano collegate: l’umiltà con la forza, l’amore con la guerra, e che se tali virtù sono “scientificamente” (leggi modernisticamente) separate e perseguite singolarmente, deragliano. Un’umiltà talmente rimpicciolente che porta all’estinzione, un amore dissoluto che porta al mero piacere, una guerra che non serve a proteggere ciò che amiamo ma che è puramente rissa, invasione, ubriacatura. E il fatto che la religione mantenga l’equilibrio tra queste virtù apparentemente in conflitto, come la metafora dei bambini su di un’isola circondata da scogliere, in cui la religione (o la legge) è un grande muro che impedisce ai bambini di cadere dal precipizio. All’interno di quel muro, i bambini sono liberi di giocare e correre, felici e senza pensieri, come si può ancora vedere nella maggior parte dei paesi a forte sfondo cattolico. Se quel muro è abbattuto e non ci sono protezioni, i bambini smetteranno di giocare e si ritroveranno a sedersi in silenzio al centro dell’isola.
E per ultima una massima che è sembrata emergere dal mio stesso spirito, come se la ricordassi più che se la stessi scoprendo: “La tolleranza è la virtù di un uomo senza convinzioni”. Mi ha ricordato che la tolleranza è il valore principale delle democrazie multiculturali, perseguita da politici di tutti i colori come il santo graal. Così come l’uomo moderno sia in effetti del tutto privo di convinzioni, e di questo faccia sconclusionatamente motivo di vanto.
Sia benedetta la fame di verità di Chesterton, nato ateo nel Regno Unito, scopertosi naturalmente cristiano, morto fervidamente cattolico.

2 commenti:

  1. grazie per questo tuo articolo, hai per caso da consigliare qualche libro di Chesterton?
    Un libro, magari, in cui il suo pensiero, pur dinamico, si è già assestato su un binario preciso e per questo è facile da seguire nella sua linearità? (per intenderci: l'opera o le opera principali di Chesterton)

    grazie Riccardo

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  2. Perdona il ritardo nel rispondere alla tua domanda, come vedi il blog è rimasto inattivo per un bel pezzo. Non sono il massimo conoscitore di Chesterton ma certamente l’opera che ti raccomando è “Ortodossia”, un vero giardino di pensieri illuminati e stimolanti.

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